Il Museo d’arte contemporanea Donnaregina festeggia il primo triennio
Un museo d’arte contemporanea in città? Pesce d’aprile! In tanti lo pensarono il 1° aprile del 2004 quando, nell’ormai abbandonato Provveditorato agli Studi, si aprì il cantiere del Madre. Quattrordici mesi dopo, l’11 giugno, l’inaugurazione del primo piano. Poi, piano piano, l’apertura degli altri due piani e mostre, eventi culturali, serate mondane. Tre anni sono passati, e c’è ancora tanto da fare: ne è ben consapevole il direttore Eduardo Cicelyn. Di programmi per il futuro, però, s’è parlato poco ieri, nel corso della mattinata celebrativa del ”compleanno” del Beaubourg napoletano. Un po’ di storia, ma zero matematica (soprattutto in termini di incassi), se non per i 100mila visitatori annui prospettati nel medio termine (piccola ambizione, se si tiene conto che ci sono mostre che li totalizzano in meno di tre mesi di apertura, vedi Mirò a Ferrara). Inadeguati, del resto, i parametri di riferimento – Uffizi, Galleria Borghese e Capodimonte – assunti da Giovanna Barni, amministratrice delegata di Scabec, società partecipata affidataria di tutte le attività del museo, per illustrarne le strategie di flessibilità ed ottimizzazione: più logico sarebbe stato il confronto con altri poli d’arte contemporanea, come il Mart, il Castello di Rivoli e il Mambo. Concentrata principalmente sulla didattica, la relazione di Mariantonietta Picone e Luigi Bifulco del Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università di Napoli ”Federico II”, cui la Scabec ha commissionato il ”punto della situazione”, ha evidenziato purtroppo la distanza del mondo accademico rispetto al paese reale, soprattutto nel continuo riferimento a guerriglie tra musei ormai sopite. (Non) dulcis in fundo, è arrivato con lucida calma Arturo Fittipaldi. Il pomo della discordia gettato dal professore federiciano di Museografia, che ha bollato il ”Rinascimento napoletano” come «un’estrema sciocchezza», ha un solo nome: politica. E un solo cognome: Bassolino, cui il cattedratico ha rimproverato un decisionismo che ha condotto all’apertura del Madre senza un preventivo ”giro di consultazioni” fra gli addetti ai lavori locali e alla sua ristrutturazione senza un concorso internazionale: «Siza ha fatto un lavoro stupendo: la qualità estetica di questo delicatissimo museo è straordinaria. Ma perché la chiamata diretta?». «Pagheremo le conseguenze di questa mancanza di dibattito e di confronto», ha concluso Fittipaldi. All’evidenza dei fatti, propheta in patria.
(Roma, 14 giugno 2008)