Perino & Vele: la strada per l’arte

5 giugno 2009

Una riflessione sulla pubblicità on the road alla galleria Artiaco

 

“It’s the right direction”, assicurano Perino & Vele all’ingresso della galleria. Anche se le grandi frecce di ferro non indicano tutte la stessa direzione. La strada giusta nell’arte, però, l’hanno sicuramente imboccata loro, che dopo cinque anni di assenza tornano a esporre da Alfonso Artiaco. Il quale, in barba ad ogni superstizione, “ospita” tra le opere addirittura il proprio necrologio, incollato ad una cabina elettrica dove la coppia Rotondi-based, bontà sua, appiccica anche i propri, “Uno dopo l’altro”, titolo impertinente per un lavoro che mette alla berlina le macabre profezie scovabili in Rete circa il giorno della propria dipartita.
Tra serio e faceto, P&V invitano a riflettere sull’invadenza della pubblicità on the raod. Affissioni selvagge, talvolta abusive, ma assolutamente i-n-d-i-s-p-e-n-s-a-b-i-l-i: perché oggi tutto va messo in piazza a caratteri cubitali, anzi autopromuoversi in modo dilagante diventa obiettivo primario dell’esistenza stessa. Dalla società dell’apparire a quella dell’ostentare. Il malcostume esplode soprattutto in periodi elettorali, “grazie” ai famigerati 6 X 3, alla pioggia di fac-simile e opuscoli, ai faccioni e agli slogan che vanno a zonzo sulle fiancate dei furgoni a nolo o si contendono millimetro per millimetro gli spazi disponibili e non.
Elementi, quasi per ironica rappresaglia, eliminati dal duo nei manifesti di cartapesta, materiale “povero”, artigianale e infantile, qui in versione “pressata”, quasi a ricordare le coriacee sedimentazioni di cartelloni et similia. Via l’immagine e via – parzialmente – le frasi, ridotte a poche lettere in un contesto tutto da ricostruire. Indovinare, comunque, non è obbligatorio, anche perché gli “assaggi” spesso sono eloquenti: vocaboli come “taxes” e “fucked”, ad esempio, la dicono lunga sulle intenzioni tutt’altro che encomiastiche degli autori. Parole non strillate, anzi affogate, confuse, nella gonfia quadrettatura che ricorda l’“effetto trapunta” tipico della coppia di artisti.
Una mostra “politica”? Naturalmente sì. Nel senso di sguardo critico sulla realtà, ma anche per le citazioni di “papaveri” contemporanei – Berlusconi, Putin, Wojtyla, Bush, Bin Laden, Ahmadinejad, Deng Xiaoping -, star dello showbiz e del sistema dell’arte (l’immarcescibile Bonito Oliva). Ce n’è per tutti, insomma. Del resto, i soffici, morbidi Perino & Vele non amano le “comodità”: la loro precedente personale napoletana, “Kubark”, denunciava l’uso di un famigerato manuale della Cia nel corso delle ultime guerre targate Bush. E che siano spinosi lo suggerisce anche la loro pianta – simbolo, il cactus, al centro di “Public Invasion”, installazione che dà il titolo alla mostra: una saracinesca completamente tappezzata di manifesti. Per mettere il cittadino, lo spettatore, o la stessa persona che ormai sono diventati, spalle al muro.

 

(Roma, 5 giugno 2009)

githens_hilario@mailxu.com