“Disfacimento” di Davide Stasino alla Galleria di Franco Riccardo
Nel grande, e si direbbe inevitabile, flusso dei “post” dell’arte contemporanea, Davide Stasino entra lateralmente, e soprattutto restando fedele all’aggettivo che segue il “dopo”: human. I suoi dipinti – in mostra fino al 21 giugno da Franco Riccardo in via Chiatamone 7 – sono infatti racconti di corpi, attraversati da flussi energetici che tracciano piccoli universi somatici. Così, se Mario Franco ascrive l’artista napoletano (classe 1979) ad una corrente che, complice la tecnologia, ha definitivamente sancito la crisi dell’antropocentrismo, è impossibile non ravvisarne però i saldi legami con la tradizione, evidenti in primo luogo nella grande attenzione al disegno, storico cardine di tutte le discipline, e ad alcune soluzioni iconografiche nelle pose.
Una costruzione solida, tornita, che indaga la sostanza fisica quale mappa di dicotomie in equilibrio precario. Il “Disfacimento” enunciato dal titolo della personale riguarda la materia di uomini e donne, i quali, pur nella tornitura e nell’idealizzata bellezza delle volumetrie, sembrano fatti di polvere. Percezione accentuata dai toni neutri e dagli sfondi anonimi (eccetto l’azzurro del trittico “Body of paper”) e piatti, tali da non distrarre lo spettatore dall’oggetto principale: corpi dai contorni sinuosi e dalle ombre sapienti, che s’accendono di filamenti rossi a indicare i punti in cui si concentra l’energia. Vie che mettono in relazione macrocosmo e microcosmo, così come – spiega Stasino – «i tanti quadri esistenti all’interno dei miei quadri». Basta isolare dei particolari per passare dal figurativo all’astratto, ed ottenere la soddisfazione di un unicum pittorico: «Non m’interessa dipingere altro. – ribadisce – Perché tutto è dentro di noi».
Una macchina complessa che, per attrazione, impone una tecnica laboriosa. Le opere nascono dalla paziente sovrapposizione di numerose velature di colori primari su carta, screziate con una sorta di dripping per infondere un effetto “sporco” alla ricercata brillantezza. Un procedimento che non ammette errori. Accanto all’approccio formale, un’ispirazione che prende le mosse dalla storia antica, da un patrimonio sapienziale perso o cancellato con violenza nelle civiltà moderne, e da una «sensazione scientifica» che lascia aperta la porta verso l’inspiegabile. Ossimoro d’artista, perché «ci deve sempre essere il mistero. Altrimenti dov’è il fascino?».
(Roma, 10 giugno 2009)