Che la festa abbia inizio. Ovunque. Con l’esposizione alle Scuderie del Quirinale, partono ufficialmente le celebrazioni per il quarto centenario della morte di Caravaggio. Il pittore che è stato negli ultimi anni la star incontrastata delle mostre-blockbuster…
Maledetto Roberto Longhi. Eh già: perché se non fosse stato per lui e la sua “riscoperta”, a quest’ora Caravaggio se ne starebbe in santa pace nei musei, fianco a fianco con – mettiamo -Bartolomeo Manfredi, Battistello Caracciolo o Orazio Gentileschi, invece di girare come una trottola per il pianeta. Invece, soprattutto negli ultimi anni, l’“egregius in Urbe pictor” è diventato un vero e proprio oggetto di culto; anzi, di una devozione popolare che ha travalicato i confini dell’arte per invadere i campi più disparati. Il cinema lo ha dapprima omaggiato nel capolavoro di Derek Jarman, per poi discendere la china con il mediometraggio di Mario Martone, il corto Vernissage! 1607 di Stella Leonetti e l’immancabile fiction targata Rai, starring un Alessio Boni troppo bello per essere vero, seppur fotografato dal “mago” Vittorio Storaro (introvabile, per inciso, lo sceneggiato del 1967 in cui a indossare i panni dell’artista fu Gian Maria Volonté). Naturalmente, il teatro non è rimasto a guardare: dallo show didattico di Dario Fo a Caravaggio: Sangue e Bellezza di Enzo Moscato, Voluptas dolendi di Mara Galassi e Deda Cristina Colonna, Le ultime sette parole di Caravaggio di Ruggero Cappuccio, L’uomo Caravaggio di Alberto Macchi e i tableaux vivants della compagnia Malatheatre in Conversione di un Cavallo. Musica, testo e immagini convivevano pure in Lachrimae Caravaggio, pièce firmata da Jordi Savall e Dominique Fernandez, il quale aveva già dato alle stampe l’immaginaria autobiografia del Merisi, La corsa all’abisso. Perché va da sé che anche le “penne” si siano buttate a pesce sul gran lombardo. Impossibile raccapezzarsi fra i titoli che lo hanno per protagonista o fonte d’ispirazione. Andando a casaccio: M: l’enigma Caravaggio di Peter Robb, Caravaggio di Helen Langdon, Il Caravaggio perduto di Jonathan Harr, La pista Caravaggio di Iain Pears, Caravaggio: a passionate life di Desmond Seward, Tutti i miei peccati sono mortali di Giuliano Capecelatro, La notte dell’angelo di Luca Desiato, Le prostitute di Caravaggio di Andrea Nao; quanto mai fecondo l’ambito siculo: La fuga, la sosta di Pino Di Silvestro, Il colore del sole del solito Andrea Camilleri, Il muro di vetro di Giuseppe Quatriglio e Caro Vincenzo di Antonio Amico, entrambi sul furto della Natività dell’Oratorio dei Santi Lorenzo e Francesco che il pentito Gaspare Spatuzza vuole rosicchiata dai topi e poi bruciata. Infine, i recentissimi Caravaggio: the white album di Andrea Dusio e Caravaggio: la strage nel silenzio di Antonio Nola. Comun denominatore, il fortunatissimo cliché del genio maledetto, scandaloso, violento, rissoso, assassino, psicotico, omosessuale e frequentatore di prostitute. Il quale, naturalmente, ci ha messo poco a diventare un appetitoso caso clinico, con tanto di medici e scienziati impegnati a risolvere misteri come: qual era la causa della follia di Caravaggio? (Perché matto dev’esserlo da contratto.) Oppure: com’è morto Caravaggio? E qui si è letto davvero di tutto: malaria, brucellosi, saturnismo, omicidio, sifilide, insolazione.
In più lo scorso gennaio si è pensato bene di svuotare una fossa nel Cimitero di San Sebastiano a Port’Ercole, affinché un gruppo di ricercatori potesse ravanare nel mucchietto di ossa, portato con sommo giubilo a Ravenna, alla ricerca dei miseri resti originali. Come se ciò potesse risultare determinante per la comprensione della sua opera.
Perché, in tutto questo bailamme, spesso si è persa di vista la cosa fondamentale: Caravaggio era un pittore. Di certo non lo hanno dimenticato gli autori dei saggi, dei cataloghi e delle monumentali monografie copiosamente immesse sul mercato, o i curatori e gli organizzatori di mostre non sempre oneste. Talvolta, infatti, è bastato appiccicare un francobollo vagamente assimilabile a Lui, per attirare folle affascinate da un brand vincente (e ci si chiede se tutto questo girovagare non avrà affaticato quelle anziane signore che possono essere tele di quattro secoli fa). Da un’antologia random (e giocoforza incompleta) degli ultimi dieci anni, il calendario ha visto: Caravaggio. La luce nella pittura lombarda e La Luce del Vero. Caravaggio, La Tour, Rembrandt, Zurbaràn (entrambe Bergamo, 2000); Il Cinquecento lombardo da Leonardo a Caravaggio (Milano, 2001); Caravaggio e i Giustianiani e Caravaggio e il genio di Roma (tutt’e due Roma, 2001); Caravaggio: l’ultimo tempo (Napoli, 2004); Caravaggio e l’Europa (Milano, 2006); a margine, il San Giovanni Battista di Malta fresco di restauro nella Chiesa del Carmine a Firenze, le megariproduzioni di Una mostra impossibile, la Chiamata dei Santi Pietro e Andrea nell’Ala Mazzoniana della Stazione Termini. Nel 2010, poi, prezzemolino-Merisi ha figurato in: Caravaggio ospita Caravaggio (a Brera, per il bicentenario); L’anima dell’acqua (Milano, Palazzo Reale); Caravaggio e Bacon (Roma, Galleria Borghese); Il potere e la grazia (Roma, Palazzo Venezia).
La stessa situazione di “ubiquità” potrebbe ripresentarsi quest’anno. Rispetto alla lista dei lavori presentati, infatti, la mostra alle Scuderie del Quirinale subirà un turn over di non poco conto, vista la concomitanza con altri eventi programmati per il IV centenario della morte dell’artista. Sicché, dopo le polemiche e i timori della vigilia, la Flagellazione dovrebbe arrivare dal museo napoletano di Capodimonte (dov’è in corso una tranche della grande rassegna Ritorno al barocco) solo a metà aprile. Pochi i giorni di permanenza del Riposo durante la fuga in Egitto, che entro il 26 marzo dovrebbe prendere il volo per Genova, per Caravaggio e l’arte della fuga. La pittura di paesaggio nelle Ville Doria Pamphilj. Torneranno all’ovile a metà maggio pure le tele fiorentine, visto che dal 22 la Galleria Palatina e gli Uffizi accenderanno i riflettori su Caravaggio e i caravaggeschi a Firenze (sperando di non ritrovarsi per l’ennesima volta tra i piedi l’abominevole Cavadenti). Contemporaneamente, fino al 28 marzo a Padova resterà il Fanciullo morso dal ramarro per Caravaggio Lotto Ribera, a non voler ignorare la discutibilissima attribuzione della Fiasca esposta tra i Fiori a Forlì. A questo punto la domanda nasce spontanea: perché tutto questo andirivieni, questo sparpagliamento?
Che senso ha riproporre, praticamente a ciclo continuo, gli stessi quadri? Forse sarebbe opportuno fermarsi un attimo, tirare il fiato. Mettendo innanzitutto ordine fra le carte. E, piuttosto che finanziare macabre cacce al tesoro, raccogliere l’appello del direttore dell’Archivio di Stato di Roma, Eugenio Lo Sardo, e restaurare i documenti inerenti la vita del pittore, che rischiano di deteriorarsi irrimediabilmente. Ma c’è di mezzo un anniversario, e la festa s’ha da fare. Le speranze di un maggiore rigore nella disamina dell’attività e della biografia caravaggesca, e della sua presentazione al pubblico, sono dunque riposte nel Comitato Nazionale per le Manifestazioni dedicate alle celebrazioni del IV Centenario, nel quale siedono tutti i più accreditati sacerdoti e le più eminenti vestali del Maestro. E che ha già annunciato, oltre alle esposizioni romana e fiorentina, un paio di convegni, lo spettacolo L’inventore del Nero. Una arbitraria storia di Michelangelo Merisi da Caravaggio e un volume… di fuoco editoriale davvero impressionante, che “sparerà” circa una decina di pubblicazioni (ma un bel “mattone” unico no?). Naturalmente – come da comunicato – per gli “anni 2011/2012 sono allo studio altre mostre di opere caravaggesche da accostare agli originali del maestro già presenti in musei stranieri (San Pietroburgo, Stati Uniti o altre tappe da decidere)”. The show must go on.
anita pepe