Adriano Eccel

5 marzo 2010

Torino, Weber & Weber

Carol Duval… chi era costui? Dietro il nom de plume scelto dall’artista, il cronista e lo storico si sovrappongono. Per inquadrare il cammino dell’umanità e, parallelamente, quello della fotografia…

Carol Duval c’est lui, Adriano Eccel (Bolzano, 1956; vive a Trento): archivista la creatura immaginaria, raccoglitore di frammenti il creatore reale. “Sceneggiatore” quest’ultimo di una storia dell’umanità in 22 tavole, dipanata in accordo con i progressi registrati nel campo della fotografia (da qui l’eteronimo inconfondibilmente francese, omaggio alla madrepatria del mezzo). Un percorso criptico e sofisticato, con un segno pittorico forte, evidenziato dal senso compositivo – che, facendo di necessità virtù, equilibra spesso le opere in sequenze tripartite, rispondenti più a un criterio espressivo/narrativo che puramente formale – e cromatico di immagini ottenute non senza una certa laboriosità. Primo stadio la selezione di materiali d’epoca, una vera e propria “caccia al tesoro” necessaria per costruire il soggetto. Nel secondo stadio si precisa la tecnica: la manipolazione di una Polaroid -ormai essa stessa nostalgico reperto -, lasciata “decantare” fino ad assumere quel tono rugginoso che dà agli scatti un’aura d’antan (e vagamente macabra, visto il frequente indugiare su riferimenti alla morte), trasportando così nel passato anche eventi più recenti, come l’attacco dell’11 settembre. Si parte ab ovo, con i progenitori Adamo ed Eva acefali come statue antiche, nudi fino all’osso. E si procede a grandi balzi in un percorso dentro l’avventura della fotografia, intesa soprattutto come possibilità di catturare l’immagine in movimento, estendendo perciò la ricerca al cinema degli albori. Di qui i lavori dedicati a Jules Marey, grande “giocoliere” con la mania di cogliere l’attimo in tutto ciò che si muoveva, come in un carosello circense, e con una sua precisa grammatica. Ancora sulla scomposizione cinetica riflettono gli omaggi al “pioniere” Eadweard Muybridge: L’uomo di luce che, correndo sul tapis roulant, aziona macchinosamente i trascina-pellicola, o la Callipigia Belle Époque. Ma parlare di progresso vuol dire evidenziarne le contraddizioni. Gli ambiziosi terrestri sono infatti riusciti a calcare il suolo lunare, eppure nello stesso paese che ha arrembato lo spazio e non solo in quello – vige ancora la barbarie della pena capitale, raccontata in una trilogia che ha il suo acme poetico ne Gli oggetti del signor Wilson, dolente catalogo delle piccole cose destinate a sopravviverci dopo l’estremo passo.

Ultimo capitolo l’attacco fondamentalista al WTC, spartiacque per antonomasia tra il prima e il dopo del nostro tempo: la tragedia delle Torri Gemelle è, ancora una volta, affidata agli indizi, come l’orologio fermo sull’ora X, il cronista, il pilota, la fusoliera di un aereo. E le vittime: sagome contrassegnate da una crocetta, numeri sul grande pallottoliere della storia.

anita pepe

mostra visitata il 6 febbraio 2010

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