Mettiamo che uno non sappia niente di lowbrow, newbrow, pop surrealism e compagnia cantante. Mettiamo che ne abbia sentito parlare, ma faccia ancora un po’ di confusione. Mettiamo che lo sappia, ma decida allegramente di infischiarsene. Ecco, forse questo approccio senza marchi di fabbrica è il più indicato per “leggere” la doppia personale di Silvia Argiolas ed Elena Rapa. Senza facili, ma vincolanti, passerelle: le opere, e basta. Un “mantra lisergico”, scrive nella presentazione Roberto Fantoni a proposito della canzone di Donovan da cui è tratto il titolo della mostra. Pezzo agli albori dell’era psichedelica, quella dei trip, del viaggio nella mentre, labirinto di cunicoli da cui entrare e uscire con assoluta libertà, restando a tratti accecati da bolle di luce, avviluppati in spirali di colori.
Sono queste tavolozze visionarie a decorare le torte di Silvia Argiolas, i corpi dei suoi bacherozzi umanoidi? Creaturine fragili come lemuri, le sue. Bambine trasparenti che gettano radici nello spazio bianco, profili bifronti da uccello e, dalle bocche, emorragie dell’anima. Perché l’artista si dà, moltiplicando i suoi tormenti interiori. Per Elena Rapa poi, travolti dalle soluzioni fantastiche e allucinate, si sprecherebbero i paragoni pesanti: “Guarda: Arcimboldo!”; “E qui? Ensor, Ensor…”. Tornita, corposa, satura: laddove Silvia si dirama e sbiadisce, Elena vive di certezze. A piccoli tocchi, ma nette, e ironicamente presaghe della colossale follia che ci annienterà. Sarabande turbinose nel buio cosmico, e un vuoto che, un minuto preciso dopo l’esplosione, ci inghiottirà inesorabilmente con tanti saluti.
Paura? In fondo, sono “streghe”… Un tempo le avrebbero messe al rogo, oggi se ne loda la capacità di captare con antenne ipersensibili la realtà che le circonda e le pervade, restituita con la misura di un enigmatico soggettivismo. Qualche battuta con le due artiste…
Domanda semimarzulliana: la vita è sogno o incubo?
S. A. Penso che l’incubo a volte può essere un sogno, nel senso che l’incubo come momento doloroso aiuta a comprendere l’esistenza.
E. R. Marzullianamente ti rispondo che è spesso un sogno messo nell’ incubatrice, ma il vero problema è che salta la luce (e quella di emergenza, a causa della crisi non è stata aggiustata).
Le vostre letture…
S. A.: Amo molto la poesia di Antonia Pozzi, Anne Sexton, Sylvia Plath, Prevert, poi libri tematici d’arte contemporanea..
E. R. Tutto (dal volantino delle offerte del supermercato in su).
Cosa ti avvicina e cosa ti separa di più dal lavoro della tua “compagna di banco”?
S. A. Il suo è un lavoro più narrativo e illustrativo: infatti lei è tra le più brave illustratrici italiane. Forse ci avvicina la visione di un mondo alternativo, il suo con uno sguardo all’esterno , il mio un po’ più interno.
E. R. Ci avvicina il buio e ci allontana il modo in cui lo illuminiamo…
Silvia, tu sei sarda: in che modo la tua provenienza ti ha penalizzata e in che cosa, invece, ha costituito un valore aggiunto?
S. A. Vivere in un’isola non è facile… infatti e da quattro anni abito felicemente a Milano. Forse, come volere aggiunto, mi ha dato il guardarsi dentro: non essendo in tanti è più facile non contaminarsi. In ogni caso, quando torno nella mia amata terra, non vedo l’ora di essere di nuovo a Milano!
Elena, tu vivi nelle Marche: questa scelta ti ha “estromessa” dal solito circuito dell’arte, o potrebbe aver costituito un vantaggio?
E. R. È una scelta che mi permette di vivere serenamente… e grazie ad internet la distanza non è poi troppo penalizzante.
Silvia, quant’è importante l’aspetto autobiografico nel tuo lavoro?
S. A.: È tutto: la mia è una specie di auto analisi… di quello che vivo, di quello che vorrei vivere e delle persone che mi stanno intorno: infatti ultimamente sto facendo una serie di autoritratti in diverse situazioni… l’aspetto autobiografico è tutto!
Elena, ti senti più una “pittrice” o in te prevale l’aspetto grafico, illustrativo?
E. R. Posso dire di essere una pittrice illustrativa e sicuramente un’illustratrice che predilige i media pittorici
“Season of the witch”, doppia personale di Silvia Argiolas ed Elena Rapa a cura di Roberto Fantoni, resterà visibile fino al 13 maggio presso la galleria Antonio Colombo
Per le foto: courtesy Antonio Colombo, Milano