Pensate un po’ com’è cambiata la geografia. Prima si credeva che il mondo abitato finisse alla Colonne d’Ercole, poi Colombo e i suoi inciamparono in un “nuovo” continente. Prima la gente viveva nelle campagne e nei villaggi, poi cominciò ad ammassarsi nelle città. Insomma, ci sono sempre stati un prima e un dopo a cambiare i connotati del pianeta. Senonché nel nunc internettiano le coordinate dell’hic appaiono rivoluzionate, scatenando così tutte le problematiche e i paradossi insiti nel rapporto reale/virtuale. Tra le maglie (che ci dimostrerà piuttosto “larghe”) della Rete si infila NeAL, con il suo progetto A onE- Art on Earth, dove alla traduzione inglese di ‘Terra’ va anteposto il nome di uno dei più celebri motori di ricerca del web. L’idea di base in sé non è così complicata: si tratta di intrufolarsi in Google Earth e piazzarci a sorpresa delle opere d’arte. Che si possono scoprire “per caso”, semplicemente perché ad un certo punto, passandoci sopra il mouse, chi naviga vede apparire qualcosa di “anomalo”; oppure andando a visitarle appositamente, in base alle coordinate fornite sul sito. Così, per esempio, “strisciando” col puntatore sul tempio malatestiano di Rimini potrete vedere sulla facciata… oh no, basta così: se avete voglia, ritagliatevi un po’ di tempo per le esplorazioni.
Per le sue implicazioni socio-psico-filosofiche, l’operazione – presentata lo scorso febbraio presso la Galleria Overfoto – sarà oggetto oggi alle 16 di un incontro aperto al pubblico e agli studenti della Facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli “Federico II”, a cura di Diana Gianquitto e Derrick de Kerckhove, docente di Teorie e tecniche della comunicazione presso il medesimo ateneo. Per un’infarinatura propedeutica (o se proprio vi è impossibile andare), leggete qui sotto…
Neal, spiegaci con linguaggio profano cosa sono le opere di A onE. Sculture, installazioni, incursioni?
Le opere che partecipano al progetto A onE sono interventi ambientali site-specific virtuali che possono essere di qualunque natura: pittorica, scultorea, installativa e anche performativa. Un aspetto fondamentale è il loro dialogo fisico e/o concettuale con il luogo in cui sono inserite, quindi non sono semplicemente delle opere esposte all’aperto. Gli interventi sono composti generalmente da più elementi; quando sono caratterizzati da un singolo elemento, questo ha dimensioni monumentali.
“In ogni hacker c’è un artista, in ogni artista c’è un hacker”: replica a questa affermazione.
Intrufolarsi, rubare, infrangere le regole, sovvertire, superare i limiti, sconfinare sono solo alcune delle azioni che accomunano le categorie degli artisti e degli hacker.
I testi del sito sono in inglese, e questo la dice lunga… Dunque il progetto è aperto ad altri? Finora quante persone hai “associato”?
A onE è un contenitore, un dispositivo relazionale, la cui partecipazione è rivolta principalmente ad artisti, che al momento ospita undici “colleghi” [oltre a NeAL, Federica De Meo, Valeria Deyucas, Gerardo Di Fiore, L. C. S. III, Ivan Piano, Mauro Rescigno, Carmine Rezzuti, Spagnuolo/Napolitano, Valerio Veneruso ndr] e diciassette opere. Ciò non toglie che chiunque possa partecipare, basta che l’opera candidata rispetti i due criteri principali: essere un intervento ambientale site-specific e non essere mai stata realizzata nella realtà, ma solo elaborata tramite ricostruzioni 3D o fotomontaggi. Non bisogna dimenticare, però, che è allo staff di Google che spetta l’ultima decisione sull’accettazione delle immagini.
Si tratta di un dispositivo “ecocompatibile”?
A onE lo è, se non si considera la strumentazione che utilizza. I lavori restano al suo interno fino al momento in cui vengono eventualmente realizzati nella realtà. Da quel momento l’ecocompatibilità dipende esclusivamente dalla singola opera.
Dunque i singoli progetti non sono prigionieri del virtuale? Se qualcuno se ne “invaghisse” on line potrebbe commissionarli?
Assolutamente si: A onE può essere considerato anche una sorta di catalogo per eventuali acquirenti/promotori, i quali potranno prendere contatto direttamente con gli artisti, che rimangono sempre autori e proprietari delle opere. Una volta realizzate nella realtà si ipotizza la loro eliminazione dal progetto.
Le location vengono scelte in piena libertà dai “guest”? Di solito a quali luoghi viene accordata la preferenza? Città, spazi naturali?
In questo progetto non voglio imporre il mio gusto personale, gli artisti sono liberissimi di fare ciò che vogliono e in qualunque posto, sempre nel rispetto dei principi di A onE project.
Ma… Google Earth è un non-luogo?
Google Earth è uno spazio privo d’identità propria, è una ricostruzione del nostro pianeta che con il passar del tempo cerca di avvicinarsi il più possibile al suo referente reale. Al suo interno non si vive (a differenza di Second Life), ma si è solo di passaggio: un’esperienza solitaria e anonima il cui scopo è il semplice consumo (d’informazioni). L’operazione A onE mette in relazione i comuni utenti del software con le forti personalità degli artisti, e questi tra loro. Google Earth si avvicina così all’idea di “luogo antropologico” perché attraverso A onE diviene spazio d’incontro e di confronto. Nasce una comunità che interviene sul pianeta virtuale lasciando la propria traccia e modificandolo secondo le proprie esigenze, conferendogli un’identità propria non più vincolata al mondo reale.
È mai capitato che delle opere venissero “cancellate”? In quel caso che si fa?
Fortunatamente ancora non è successo, qualora dovesse accadere reinserirò le immagini dell’opera con un altro account Panoramio. Se fosse l’account ad essere cancellato, con tutte le immagini al suo interno (al massimo cinque), ne creerei un altro.
Quanto dura la loro “vita” sul web?
In generale i lavori di web art “vivono” finché l’autore o le autorità non li cancellano o quando finiscono nel dimenticatoio, che è la cosa peggiore. C’è da dire che queste opere non sono autonome, ma vivono in simbiosi con il medium che sfruttano, quindi ne condividono la sorte: nel caso specifico, se Google Earth dovesse “morire”, lo stesso accadrebbe ad A onE project.
Hai una statistica delle visualizzazioni?
Dal 25 febbraio ad oggi le visite sul sito di A onE sono state circa 1000. Attraverso gli account di Panoramio, invece, chiunque può vedere quante visualizzazioni hanno ottenuto le singole immagini.
Si presume che un simile format renda poco, in termini economici…
Assolutamente nulla, per quanto riguarda le comuni dinamiche del mercato dell’arte. In realtà, trattandosi non di un’opera d’arte, ma di un’operazione artistica basata sulla visibilità e sulla diffusione, l’eventualità di guadagno economico è possibile attraverso l’affiancamento di un marchio, in pratica di uno sponsor, oppure mediante l’inglobamento da parte di Google.
In alto: Gerardo Di Fiore_ Hic sunt leones, Marktplatz_ su AonE project