Debole Robusti. Ovvero che c’azzecca Tintoretto?

4 giugno 2011

Questo è un post senza foto. Perché le foto non ce le hanno fatte fare. Il che magari si capisce, visto che nei musei appena ci provi, con flash o senza, i custodi ti ringhiano contro. Qui si parla infatti di tre pezzi da Pinacoteca, trasferiti al Palazzo delle Esposizioni ai Giardini (se non l’avete ancora capito, siamo alla Biennale di Venezia). Siamo appena passati sotto le scolastiche ILLUMINAzioni di Philippe Parreno e ci troviamo al cospetto dei tre capolavori di Tintoretto (l’Ultima cena da San Giorgio Maggiore, il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli animali) scelti dalla curatrice della mostra internazionale Bice Curiger. In verità, quando la critica svizzera ne aveva annunciato la presenza avevamo accolto la notizia molto favorevolmente: brava, che bello, finalmente si abbatteva il muro tra presente e passato, finalmente l’arte contemporanea usciva da un certo settarismo. L’idea insomma era buona (ma così buona che Sgarbi se n’era arrogata la paternità). Ma, visti i risultati, col senno di poi diciamo che la Curiger poteva pure risparmiarsela questa bella – e furba – ILLUMINAzione. Perché? Perché le tre tele appaiono fuori contesto, male ILLUMINAte e calate in un ambiente vuoto e impersonale.  Per giunta, la didascalia “Jacopo Robusti detto Tintoretto” pare ignorare la scoperta dello studioso spagnolo Miguel Falomir, in base alla quale il vero cognome del pittore sarebbe stato  Comin. Un inserimento posticcio, eppure non era impossibile far “dialogare”  i quadri antichi con qualcosa di più nuovo (le mostre a Palazzo Fortuny, ad esempio, hanno dato letture piuttosto fascinose di questo connubio). In definitiva, l’artista cinquecentesco resta isolato rispetto al resto, perché se poi per gemellaggio col contemporaneo si intendono i piccioni impagliati di Cattelan che incombono dall’alto…. beh, lasciamo stare. Per giunta, sfoglia e sfoglia la cartella stampa, il nome di Tintoretto non compare accanto a quelli dei suoi “colleghi” in lista. Eppure sarebbe stato carino inserirlo come primus inter pares, oppure “special guest” o “con la partecipazione straordinaria di”, Insomma Bice, non dico dargli un premio alla carriera, ma se proprio dovevi lasciare il nonno a mangiare da solo nell’ingresso, perché lo hai invitato a pranzo?

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