Emanuele Kabu, classe 1978. Studi, attività e interessi…
Autodidatta, nessuna accademia o università. Interessi direi, in primis, la musica.
Tre sostantivi per sintetizzare il tuo lavoro.
Trovo sempre delle difficoltà a rispondere a questo tipo di domande, quindi salto alla prossima.
Perché il video Disharmony è diviso in due?
Mi interessava, in questo ed in altri lavori recenti, rappresentare nella stessa scena due “ambienti” completamente differenti tra loro. Questo non per creare un dualismo inteso come nero o bianco, positivo o negativo, che è una proiezione umana e poco realistica, ma per creare l’inverso: sacrificare un’immagine per farne stare due, comprimere gli spazi e inserirvi due situazioni diverse ma tra loro comunicanti. Se per ipotesi avessi a disposizione due monitor per installare il video, comunque non separerei l’immagine, perché essa deve far convivere al suo interno più di un punto di vista. È un tentativo di non dare un elemento chiave su cui focalizzarsi. Infine ci sono delle scene in cui il “taglio” tra le due immagini è sporcato da elementi che lo valicano proprio per evitare di realizzare, almeno nella mia testa, quel dualismo sopra citato.
Perché non c’è una colonna sonora “canonica”?
È difficile definire cos’è canonico e cosa non lo è: dipende da fattori personali e sociali. Per quel che mi riguarda, come – credo – anche per una parte delle persone che vedrà il video, la musica è abbastanza canonica o comunque si rifà a generi come il noise, per citarne uno. L’audio è stato composto cinque volte. La prima stesura era quasi una “canzone”, comunque un brano molto riconoscibile composto da basso, batteria e melodie (tutto elettronico): lo si può sentire in lontananza e molto rarefatto nell’audio attuale, che è appunto la sovrapposizione della prima e della quarta stesura, fatta di soli rumori. Nei video che faccio ogni elemento dev’essere funzionale agli altri e, in questo caso, la sovrapposizione di una musica molto definita, ma difficile da percepire, con una completamente “astratta” mi è sembrata la scelta migliore e più congeniale alle immagini, anche perché alcune scene partono dallo stesso presupposto.
La linea sembra un motivo ricorrente nella tua produzione. Qual è il suo ruolo, dal punto di vista grafico e – se c’è – “filosofico”?
La linea rappresenta essenzialmente la parte narrativa del video. Mi spiego: il video non ha uno svolgimento, nel senso che non vi sono elementi o scene che confluiscono in altre seguendo un filo logico, ma è essenzialmente un susseguirsi di scene slegate tra loro. Il loro unico legame è rappresentato appunto da un filo, per me logico, che è allo stesso tempo sottile e debole (essendo una semplice linea sopra delle immagini molto più “complesse”) ma, ponendosi al di sopra di esse è, per certi versi, l’elemento più importante. Per farla breve, l’ispirazione di base di questo video e di altri lavori che ho fatto, è la (mia) quotidianità, un susseguirsi di scene ridondanti tenute assieme da una continuità molto sottile. Ha inoltre una serie di significati “nascosti”, che preferisco rimangano tali.
La tua sembra un’estetica ispirata un po’ agli anni ’60…
Banalmente ti risponderei: se tu la vedi, ok. Probabilmente nella tua visione c’è. Dal canto mio non ho effettuato particolari studi su quest’estetica o su un’altra e quando realizzo un lavoro non presto troppa attenzione al fatto che un elemento richiami una particolare epoca o suggestione. È una cosa che attualmente mi annoia abbastanza e che preferisco non considerare. Forse sbaglio, ma ora come ora preferisco sia così.
Alcune parti sono ipnotiche, altre ripetitive… perché?
Ammetto di avere una certa fascinazione per i loop, siano essi video che sonori: mi piace il fatto che un’azione o un elemento musicale una volta messi in loop trascendano in qualche modo il loro significato originale e ne acquisiscano uno diverso proprio per il fatto di essere ripetuti ossessivamente… il minimalismo musicale insegna. Direi quindi che li utilizzo da una parte per un fatto estetico, dall’altra perché risultano efficaci di volta in volta per il lavoro che sto tentando di mettere in piedi.
A un certo punto ti si vede bere. Nell’altra metà del video una pera si riempie e appare un planisfero. Vasi comunicanti?
Preferisco non rispondere a questa domanda perché non sei la prima a dare un’interpretazione a quella scena e ci sono state finora tutte letture in qualche modo simili ma diverse. Questa cosa mi interessa molto e mi diverte, quindi evito di dare un significato univoco ma preferisco ascoltare, se ce ne saranno, le nuove interpretazioni…
Secondo quali criteri affianchi il disegno al girato?
Ho iniziato ad utilizzare il girato da poco semplicemente perché prima non avevo i mezzi tecnici necessari per avere delle immagini che mi soddisfacessero. Non c’è un motivo univoco per cui utilizzo il girato piuttosto che il disegno, sicuramente le immagini “reali” hanno una forza e un immaginario diverso da quello del disegno, proprio per il fatto che possono essere maggiormente comprensibili. Solitamente la scelta di immagine girata piuttosto che disegnata viene fatta durante la “scrittura” del video ed ha, di volta in volta, un motivo o un significato diverso. In generale, io considero il disegno su carta, il disegno al computer, il video girato, l’audio etc. come dei mezzi da utilizzare a cui non voglio legarmi troppo, ma che so di poter utilizzare di volta in volta per ottenere il risultato che mi interessa. L’importante per me è quello che ne viene fuori piuttosto che i singoli elementi.
Rapporto tra umano, naturale e artificiale nel tuo lavoro…
È uno dei temi che più mi interessa e su cui tento di indagare maggiormente, senza avere attualmente alcuna risposta definitiva. Probabilmente sarebbe anche difficile e presuntuoso averla. È un tema talmente vasto e direi imprescindibile per la storia dell’uomo che ogni risposta mi risulterebbe incompleta o probabilmente mi pentirei di averla scritta. Direi che già definire questa questione come un rapporto così schematizzato (uomo e natura, uomo e artificiale, naturale e artificiale), sia di per sé errato perché in realtà è, dal mio punto di vista, qualcosa di molto più complesso e in continuo cambiamento, e già definire cos’è il reale significato di ciò che per noi è naturale è particolarmente intricato. L’unica cosa che mi sento di aggiungere è che, nell’ultimo anno, mi hanno particolarmente ispirato gli ambienti naturali fortemente artificializzati come i giardini delle case, le siepi ben tagliate, i laghetti artificiali etc, perché vi intravedo una delle tante fusioni dei tre fattori.
Emanuele Kabu_ Disharmony_ Napoli_ Lithium
(nei giorni della mostra, il video sarà visibile anche on line su Artribune television e sul sito di Lithium)
(31 maggio/15 giugno 2011)