ORO et laboro

25 ottobre 2011

Francesca Grilli_ Oro_2011_Live performance at galleria Riccardo Crespi. Courtesy Galleria Riccardo Crespi, Milano

 

Magica Parma. Come non ricordare, tra storia e leggenda, quel Francesco Mazzola alias Parmigianino, il quale – a sentire Vasari – si perse la Steccata tra i fumi del mercurio? È in questa città che Francesca Grilli ha realizzato parte del suo progetto, circonfuso dall’aureola del più nobile tra i metalli. E animale nobilissimo è il falcone che, nel video, levatosi in volo si libra tra le volte affrescate della Biblioteca Benedettina del monastero di San Giovanni, mentre si “racconta” la storia di Mida tratta dalle Metamorfosi ovidiane. Il verbo è tra virgolette perché il codice impiegato è alquanto particolare: non gli eleganti esametri del poeta latino, né una loro brillante traduzione ripercorrono le vicende del re frigio, ma il “silbo gomero”, lingua fischiata attualmente protetta nelle Isole Canarie, che vanterebbe però una ben più antica prosapia. Sarebbe stata infatti “parlata” nientedimeno che da Adamo durante la Genesi, quando si trattò di dare i nomi alle cose. Presente nel testo biblico come nelle scritture islamiche, la lingua degli uccelli, lingua degli angeli, venne poi adottata dagli alchimisti. Alcuni dei quali travisarono il genuino messaggio della “disciplina”, gettandosi alla ricerca di una pietra filosofale che, prosaicamente, cangiasse realmente i metalli in oro. Oro, oro, oro. Simbolo di ricchezza, strumento di bellezza e di potere, ma anche casus belli, esca di una cupidigia spesso punita (Mida, appunto). L’auro, ancora, come mezzo per potenziare la propria aura, che Grilli ha monitorato nell’arco di tre mesi attraverso una serie di autoscatti Polaroid, dopo aver ingerito piccole dosi del prezioso elemento, quasi a volersi “mitridatizzare”. Video, foto e… scultura. Per quest’ultima, bisogna scendere nell’ipogeo (collocazione particolare, considerando i risvolti esoterici di una mostra che, in ogni caso, non si rivolge ermeticamente solo agli iniziati), disseminato di penne luccicanti. Attenzione perché, a dispetto del titolo, non è tutto oro quel che luce: le sculture sono infatti realizzate in bronzo, argento e ferro (richiami ad altrettante mitiche Età), e la luce radente rievoca l’atmosfera del monumentale set emiliano. Perde le piume, ma non l’attitudine predatoria, e non si sa se il soggetto sottinteso sia l’uomo o il rapace. Come nel processo alchemico, la trasformazione (non già l’utopistico ritorno ad un evo ideale) è centrale e possibile, ma dalla vecchia spoglia abbandonata alla forma rigenerata il passaggio non è una distillazione, bensì un colpo d’ala verso altezze diverse. Come quella giravolta tra due vocali rotonde: o – r- o.

Francesca Grilli_ Oro_ A cura di Gabi Scardi_ Milano, Galleria Riccardo Crespi

(15 settembre-29 ottobre 2011)

             

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