A casa per le vacanze, la televisione è un sottofondo permanente. Si accende ancora prima della luce in cucina, e poi resta lì a farsi ignorare. Ed è mentre la ignoro che, con la coda dell’occhio, durante il solito traffico mattutino di merci e persone apprendo dell’imminente messa in onda della fiction”Il clan dei camorristi”. Ora è vero che non si dovrebbe criticare ciò che ancora non si conosce, però in quel momento la botta allo stomaco è forte: “Ce n’era proprio bisogno?”, penso, mentre sullo schermo scorrono le immagini del promo.
Torno con la memoria a quando, proprio al tavolo della stessa cucina, masticavo amaro, rimuginando gli entusiastici commenti di ragazzini delle locali scuole medie sulle prodezze de “Il capo dei capi”. Trasmesse, allora come ora, sulla rete appartenente ad un anziano signore imbellettato il quale, con grande sprezzo della Natura, pretende per l’ennesima volta la guida del Paese. E stavolta, stavolta cosa diranno i miei alunni del Nord? Come potrò ribattere ai luoghi comuni, informare con equilibrio, far riflettere lucidamente? Come reagirò se qualcuno, come già un disinvolto studente un paio di anni fa, adombrerà il fatto che anch’io, come tutti i meridionali, ho un malfattore in famiglia, ma in fondo non è così grave? In cuor mio, arriverò esasperata a desiderare la produzione di uno sceneggiato sulla ‘ndrangheta a Milano? Oppure mi tirerò una risata dalle budella e dirò che, in fondo, anche noi siamo “Casalesi”?
“Ci devono buttare altra merda in faccia?!” chiosa mia madre dal lavello, risciacquando i broccoli.
Già, la faccia. Quella da bravo ragazzo di Stefano Accorsi, nei panni dell’eroe in toga. E quella di un bel moraccione dallo sguardo tenebroso: “‘o malamente”, il boss. Un bonazzo che, in quanto a sex appeal, la sua sfida contro la magistratura l’ha già vinta. Quel che ci vuole per far colpo su ragazzine e ragazzini, in un proliferare di forum e gruppi Facebook (come se già non esistesse CamorraAndLove, praticamente un ossimoro). Gomorristi, giudici, sbirri: tutti fighi, tutti forti, un po’ come quelli di “Romanzo criminale”. Tanto per sparigliare le carte, tanto per buttare un’altra palata di… fumo su una prima serata senza filtri, dove finzione e cronaca, spettacolo e (se mai ci fosse) denuncia, buoni e cattivi, Stato e antistato finiscono tutti nello stesso calderone dello share.
Insomma, chi fa i casting non ha sposato il concetto di kalokagathia, l’unione del bello e del buono professata dagli antichi greci. E giustamente considera Lombroso sorpassato. Però una sbirciatina ai tg ogni tanto dovrebbe darla. Infatti, mentre la verdura lavata sta sgrondando, qualche canale più in là si manifesta il reale. La polizia ha acchiappato un latitante. Sull’elettrodomestico brillano le immagini della cattura del manigoldo, nascostosi come da copione a pochi passi da casa, cioè da quegli unici due chilometri quadrati in cui si può sentire il padrone del mondo. Il superboss, men che trentenne, esce dalla villa-bunker ammanettato tra gli agenti: grasso, sfatto, le gambe a X. L’aria stanca, la faccia intontita. Giovane, e già così sfasciato. Altro che tronista, altro che Adone in hd. Sembra più uno di quelli che nel quartiere tutti sfottono e gira in tuta perché non trova la taglia. Uno che, se non per la faida con il clan rivale, aveva comunque i giorni contati causa trigliceridi. Proviamo ad immaginare il suo provino: scena dell’inseguimento; scena di sesso con la divetta di turno (Uà!! ManuelAccuriii!). Ok, grazie. Basta così.
P. S. Mentre finisco di scrivere, leggo che il presidente della Municipalità di Scampia ha negato l’autorizzazione per le riprese in loco di una fiction tratta da Gomorra. Già, perché è prevista pure la fiction tratta da Gomorra. L’emittente è diversa, però il post vale lo stesso. Soprattutto l’ultima frase.