Le stanze della segnatura

18 marzo 2013

Nunzio Paci_ Equino In Fiore_ 2013_ Matita, olio, smalto, resine e spine su tela_ 60 x 90 cm. Courtesy Officine dell’Immagine

Pensate a un libro antico. E immaginate di aprirlo, a caso. Qual è il primo colore che vi viene in mente? Giallo. Beige. Tinte organiche, in un campo di bianco caldo: questa la descrizione che Nunzio Paci sceglie per decifrare la signatura rerum, dottrina rinascimentale tesa ad individuare analogie tra molteplici e diversi aspetti del Cosmo. Figure che sgorgano, si incrociano, saldano e, letteralmente, si diramano. Sovrapposizioni e innesti fisiologici come manifestazioni dell’unica “bella d’erbe famiglia e d’animali”, in cui arrivi e partenze si dissolvono reciprocamente, ad accompagnare la naturalezza dell’ibrido, fermandosi un attimo prima dell’invenzione araldica: nell’opus continuum, il tratto ricerca armonia e costruzione, e la lacrima della colatura smussa la forza spigolosa di ossa, rami stecchiti, fasce muscolari. In filigrana, il ricordo dei disegni leonardeschi.
Ermetica la filosofia, perspicuo il codice: formazione artistica, irrobustita con lo studio dell’anatomia normale, patologica e comparata, Paci adatta il vero a soggetti partoriti dal suo immaginario. Imporre la categoria del realismo ad un’estetica della mescolanza sarebbe del resto incongruo, eppure le tele in mostra “abitano” tra installazioni di rami: complemento decorativo o sottolineatura concettuale? “Ho lavorato insieme ad una scenografa e abbiamo realizzato un’ambientazione per le opere esposte…” chiarisce l’artista, disponibile ad illuminare il breve percorso di una lettura “deduttiva” della personale milanese.
In ogni caso l’allestimento, seppure didascalico, interferisce positivamente con un eccesso di bianco, paventato dall’accoppiata galleria + sfondi delle opere. Perché questa nota dominante? “Questi ultimi lavori sono caratterizzati dal fondo bianco perché volevo che emergesse il segno della matita e che l’intera opera fosse un incontro tra la pittura e il disegno. –spiega Paci – In passato ho realizzato una serie incidendo il disegno su una base nera. Non mi ritengo un “amante dei colori”, per cui le tonalità che sono solito utilizzare riprendono cromie naturali come il colore della terra, della ruggine e di tutto ciò che mi suscita interesse”.
Nella trama del dipinto, tra matita, bitume, smalto e olio, catalizzano lo sguardo quei “punti” generalmente adoperati per le note al margine, alcuni numerati, altri muti, come capocchie di chiodi che fissano l’idea creativa: “I rimandi sono parte di una legenda immaginaria che esiste solo nella mia memoria e nella memoria dell’osservatore. Voglio che, per qualche istante, chi guarda il mio lavoro possa avere la sensazione di ritrovarsi di fronte ad una tavola anatomica reale e che il soggetto rappresentato possa apparire tale”. L’immagine scivola così verso il fruitore, esigendone il bagaglio e, perché no?, la zavorra. Ma l’autore ha trattenuto per sé l’ancoraggio: le scritte che, di tanto in tanto, “glossano” i quadri sono titoli, commenti, visioni estemporanee? “Idealmente penso facciano parte di una sorta di diario che accompagna il mio lavoro. Senza di queste non lo riterrei completo”.

 

         

         

         

 

Nunzio Paci_ De signatura rerum_ Milano, Officine dell’Immagine. A cura di Davide W. Pairone
(21 febbraio – 31 marzo 2013)

longton.tasia@mailxu.com