Il replicante

3 marzo 2014

Andy Warhol_ Silver Coke Bottles_ 1967_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013

Mea culpa, mea maxima culpa. Ci sono cose che si potrebbero fare prima, molto prima. Se non si continuasse a rinviare nella vana attesa della mezza giornata di sole/libera. Oppure perché ci sono eventi cui si guarda con un po’ di sufficienza: ma sì, sarà la solita operazione blockbuster, dove accorrono in frotta i comuni mortali. Finché arriva l’illuminazione, ci si getta il pregiudizio alle spalle, e ci si ritrova con un biglietto in mano e l’audioguida nelle orecchie. Pop pure quella, con la voce toscanaccia di Bonami che non non si dilunga in descrizioni auliche, e condisce le didascalie con gli aforismi del guru dalla parrucchetta platinata (per inciso, l’argenteo cimelio fu battuto all’asta qualche anno fa per diecimila verdoni).
Per molti, Warhol è quello delle riproduzioni seriali e del quarto d’ora di celebrità. Colui che, incolpevole, sembra aver legittimato azioni più o meno eclatanti al fine di conquistare la ribalta, nello showbiz come nelle gallerie. Ma vediamole, le azioni di Andy. Soprattutto se pensiamo di essere originali, di avere in tasca l’idea per sfondare e guadagnarci i famosi quindici minuti. Vediamo ad esempio cosa fa questo fragile figlio d’immigrati slovacchi nel 1964, quando l’architetto Philip Johnson gli commissiona, in occasione dell’esposizione mondiale nella Grande Mela, un grande pannello per la facciata del padiglione dello Stato di New York. Escogita una “tappezzeria” fatta con enormi foto segnaletiche dei 13 uomini più ricercati d’America. Geniale, vero? Infatti è subito putiferio. Questo progetto non s’ha da fare, gli intimano, anche perché non è politicamente corretto (molti criminali sono italiani). L’artista non si perde d’animo, anzi ha già pronta l’alternativa: il ritratto di Robert Moses, direttore dell’esposizione. Bocciata anche questa, ovviamente. Esasperato, ricopre allora il contestato patchwork con vernice alluminio, rappresentazione specchiante della censura cui era stato sottoposto. Non vi pare un gesto forte, un gesto politico? Niente male, per uno che si definiva “una persona profondamente superficiale”…
Dunque, cosa troviamo a Palazzo Reale? Le “solite” serigrafie di divi e prodotti per il consumo di massa? Non solo: figurano nel percorso anche le belle prove astratte delle Shadow; gli eleganti, monumentali arabeschi frutto di un’interpretazione sbagliata dei test di Rorschach; le ossidazioni prosaicamente ottenute con la pipì che Andy e i suoi amici e collaboratori, come in un happening o in un dripping sui generis, schizzavano direttamente sulle tele.
Ma in mostra – incentrata su un’unica collezione, quella di Peter Brant – c’è soprattutto il Warhol più atteso e conosciuto, quello che si ama o si detesta. Il talento rivoluzionario o il pubblicitario “idiota”1, sempre in bilico tra kitsch e glam: le Marilyn e gli Elvis, le Brillo box, le zuppe Campbell’s, le Coca Cola, il faccione di Mao e il dio dollaro, i fiorelloni che esplodono.
Nulla è scontato per il papà del Pop, tutto finisce nelle sue grafiche, dentro i suoi colori. E sotto il suo obiettivo: un carnet di Polaroid pullulante di celebrities, in cui però la star con una marcia in più pare proprio lui, re e antesignano del selfie, ambiguo trasformista o bambino sofferente, col viso spigoloso e il ciuffo sparato alto. Icona tra le icone, che come una delle sue Marilyn fece le spese di un grilletto facile, Andy è ormai come la Gioconda, di cui Trenta è meglio di una, o come L’ultima cena di Leonardo, che ultima fu davvero. Quella dedicata all’affresco di Santa Maria delle Grazie, anche in versione camouflage, fu infatti l’ultima esposizione: era il gennaio 1987, in una Milano piuttosto tiepida in quanto ad accoglienza.
Un mese dopo, in un ospedale di NY, l’“imprevisto” più temuto e beffardo: la morte. Che Andy aveva esorcizzato moltiplicando in tinte accese sedie elettriche e Vanitas. Una fine banale, stupida: l’igienista ossessivo, quello che era sopravvissuto al coma dopo lo sparo di Valerie Solanas, non si risveglia più dopo un intervento di routine. Calcoli alla cistifellea, ma forse, per paura del dolore, aveva chiesto ai medici di esagerare con l’anestesia. Peccato, ad essere cinici e volgarmente “warholeschi”, che non abbia potuto assistere ad una fine così stravagante.
Dopo essersi rifatti gli occhi così, per giunta senza doversi lambiccare per forza il cervello («Non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire», ipse dixit), un epilogo simile non può che lasciare l’amaro in bocca. Ma guadagnando l’uscita arriva il tripudio del merchandising. Ecco, così, perfetto: This is the Andy.

1L’aggettivo virgolettato è di Jannis Kounellis, ndr.

Andy Warhol_ Self Portrait (red on black)_ 1986_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     Andy Warhol_ Skull (Ayn:Grey)_ 1976_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     Andy Warhol_ Self Portrait in Drag_ 1980_ Collezione Brant Foundation  © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA_ © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013
Andy Warhol_ One Dollar Bills_ 1962_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     Andy Warhol_ Mao_ 1964_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     020_CTA1_NY_MAY11_8-27.pdf
Andy Warhol_ Campbell’s Soup Can (Chicken With Rice)_ 1962_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     Andy Warhol_ Brillo Box_ 1964_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013     Andy Warhol_  Blue Shot Marilyn_ 1964_ Collezione Brant Foundation © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013

Warhol _ a cura di Peter Brant e con il contributo di Francesco Bonami_ Milano, Palazzo Reale
(24 ottobre 2013 – 9 marzo 2014)

http://www.warholmilano.it

 

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