Domani, come ogni vigilia di inizio anno scolastico, su Fb mi cadrà purtroppo l’occhio – e non solo quello – su una serie di citazioni liberamente tratte dai soliti Vecchioni, D’Avenia e compagnia bella (gente che, nella vita, guarda caso ha trovato un altro modo di “arrotondare”). Retorica su quanto è bello insegnare, su quanto è importante trasmettere, su quanto sono dolci e profondi i rapporti umani tra le aule, insomma su quanto gli insegnanti di ogni ordine e grado siano dei missionari. Missionari, anche se spesso la posizione più congeniale per loro è la pecorina, voluta o no.
In ogni caso, volevo dire questo: io faccio questo mestiere per guadagnarmi da vivere. Perché ho bisogno di soldi per l’affitto, le bollette, la spesa. Insomma, quello che tutti sanno. Solo che io non posso dirlo perché agli occhi dell’opinione pubblica devo apparire una missionaria, crocerossina, psicologa, zia saggia, premio nobel e, ormai sempre più spesso, cameriera.
Invece sono una lavoratrice.
Che vuole vedersi riconosciuto il proprio diritto alla dignità professionale, senza finti luccichii e zucchero filato.
Consapevole delle tante mancanze proprie e altrui, altrettanto dei meriti. Ma che è veramente stufa marcia di leggere le melensaggini del 31 agosto, specie di fronte alla constatazione di appartenere ad una categoria di lavoratori (non missionari) senza alcuno spirito di corpo, senza alcuna consapevolezza o cultura dei propri diritti, senza alcun potere contrattuale, senza alcun riconoscimento sociale. Anzi disprezzata da tutti e perfino da sé stessa.
Quindi aggrappatevi alle vostre citazioni quando vi renderete conto che i colleghi maschi non somigliano affatto a Luca Argentero o a Scamarcio, quando vi sbatteranno in classi dove faranno muro contro muro, quando vi lasceranno soli a sfangarvela con alunni senza sostegno, quando i genitori vi tratteranno da servi dei propri pargoli, quando qualche mamma minaccerà di ricorrere al provveditorato perché l’insufficienza del suo piccolo genio è una vostra mancanza, quando sarete mobbizzati, quando vi costringeranno a restare fino a tarda notte ai consigli di classe perché i soliti pseudopsicologi mancati dovranno concionare.
Insomma, non dimenticate che la scuola è ANCHE questo. E fingere di non vedere, di non sapere non aiuta. Non aiuta noi, non aiuta i nostri alunni.
Buona fortuna.