Il bello, il vero e… lo smart. Sono quasi 250 le opere che, fino al prossimo 31 gennaio, negli ambienti del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore racconteranno – “in presenza” e in digitale – la storia della scultura partenopea tra la seconda metà del XIX e gli inizi del XX secolo. Ambizioso il progetto che, nelle intenzioni della curatrice Isabella Valente, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università federiciana, “risponde all’esigenza critica di riportare alla luce quel paesaggio artistico che andò formandosi tra secondo Ottocento e primo Novecento, le cui tracce sono rimaste sepolte troppo a lungo, a margine della storiografia e tralasciate dalle occasioni espositive” (risalgono infatti al 1997 “Civiltà dell’Ottocento”, tra Capodimonte e la Reggia di Caserta, e al 2009 la retrospettiva di Vincenzo Gemito a Villa Pignatelli).
Tracce disseminate – e purtroppo spesso ignorate – anche in quel grande museo diffuso che è il territorio cittadino. Come seguirle, allora, senza correre su e giù rischiando di perdere il filo del discorso? È qui che viene in soccorso la tecnologia: grazie ad un sensore mini-invasivo sviluppato da DatabencLab, organizzatore dell’evento insieme al Forum Universale delle Culture, ogni opera selezionata dal nutrito comitato scientifico potrà essere “intimamente” conosciuta accedendo, tramite wi-fi o bluetooth, a un database ricco di descrizioni in varie lingue, dati, file multimediali e ricostruzioni virtuali. Sicché, senza l’obbligo di muoversi dalla sede della mostra, con un semplice smartphone o un tablet si potrà essere, contemporaneamente, in Piazza Vittoria o al Cimitero di Poggioreale, per investigare il trapasso della plastica partenopea dal Classicismo e dal Romanticismo alle nuove sensibilità veriste e simboliste, che pose Napoli in dialogo con la scena europea.
Lo “smart cricket”, come un “grillo parlante” prodigo di informazioni, moltiplicherà le possibilità di accostarsi, tra gli altri, a Tito Angelini, Adriano Cecioni, Pasquale D’Angelo, Achille d’Orsi, Vincenzo Gemito, Francesco e Vincenzo Jerace, Stanislao Lista, Francesco Paolo Michetti, Giuseppe Renda, Tommaso Solari, Giovanni Tizzano. Inoltre consentirà, tramite installazioni touch e touchless, di “muovere” anche i lavoripiù monumentali, per esplorarli sotto ogni punto di vista.
Una volta scaricata la app, poi, si potrà “ripercorrere” l’esposizione a casa dal proprio cellulare, oppure condividerla sui social network.
La formula interattiva di Ops (Opere Parlanti Show) sembrerebbe rivolta in particolare ai giovani, notoriamente più “smanettoni”. Ma va da sé che le finalità divulgative de “Il bello o il vero” si rivolgono anche ad un pubblico più tradizionalista e meno propenso ad esperire la cosiddetta realtà aumentata. Perché la caccia al tesoro dentro e fuori le mura di San Domenico rappresenta un’occasione – gratuita – di studio per gli esperti e di scoperta per i turisti, ma pone altresì l’accento sulla necessità di sensibilizzare i cittadini, stimolandoli a “riappropriarsi” del proprio patrimonio. Primo passo verso quella tutela del bene pubblico in cui la tecnologia può aiutare, ma non sostituire, le responsabilità collettive.
(Articolo pubblicato sul Roma, 31 ottobre 2014)
Il bello o il vero_ Napoli, Complesso Monumentale San Domenico Maggiore
(30 ottobre 2014 – 31 Gennaio 2015)
http://www.ilbellooilvero.it/