Giotto è l’Italia

10 gennaio 2016
Polittico Stefaneschi_ secondo decennio del Trecento_ tempera e oro su tavola_ dalla basilica di San Pietro (Città del Vaticano). Città del Vaticano, Musei Vaticani. Su gentile concessione del Servizio Fotografico dei Musei Vaticani, © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano Verso: scomparto centrale: Cristo in trono, angeli e il cardinale Stefaneschi; pannelli laterali: crocifissione di san Pietro e decapitazione di san Paolo; predella: la Vergine col Bambino in trono fra gli angeli incensieri e i dodici apostoli

Polittico Stefaneschi_ secondo decennio del Trecento_ tempera e oro su tavola_ dalla basilica di San Pietro (Città del Vaticano). Città del Vaticano, Musei Vaticani. Su gentile concessione del Servizio Fotografico dei Musei Vaticani, © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano
Verso: scomparto centrale: Cristo in trono, angeli e il cardinale Stefaneschi; pannelli laterali: crocifissione di san Pietro e decapitazione di san Paolo; predella: la Vergine col Bambino in trono fra gli angeli incensieri e i dodici apostoli

Poche, ma buone. Sono quattordici le opere esposte a Palazzo Reale per “Giotto, l’Italia”, uno degli “eventi nell’evento” che hanno accompagnato Expo 2015. E per quanto la proposta sembri quantitivamente esigua, la logica impone di considerare quanto sarebbe stato oggettivamente difficile e rischioso “movimentare” tavole monumentali come la Madonna di Ognissanti. Ma soprattutto occorre rammentare l’inamovibilità di una significativa parte della produzione dell’artista, dalle pitture di Assisi agli affreschi della Cappella degli Scrovegni; sicché, a titolo di “risarcimento virtuale”, a completare il prestigioso allestimento di Mario Bellini è arrivata in corner nella Sala delle Cariatidi un’installazione multimediale che riproduce il ciclo delle storie di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista della Cappella Peruzzi, nella fiorentina chiesa di Santa Croce.
Quali dunque la cifra, lo scopo dell’esposizione?
Innanzitutto il buon senso di puntare su un grande poco “blockbuster”. Sarà pure uno dei sommi della storia dell’arte, ma Giotto non è fra quelli che sbancano i botteghini, o che ispirano thriller, telefilm e venerazioni fantasiose. Poco amato? Misconosciuto? Negletto? Interrogativi che rasentano il paradosso, specie se riferiti a un pittore così “nazionalpopolare”: ha battezzato i pastelli con cui schiere di bambini continuano ad apprendere i rudimenti del colorare; è indissolubilmente legato all’aureola del Patrono d’Italia; viene citato nella Divina Commedia e nel Decameron. Ma soprattutto, al di là del patriottismo, in una biografia pur costellata di punti oscuri si distingue per aver attraversato lo Stivale in lungo e in largo, toccando le città più importanti di un Paese non ancora unito.
E così dopo Leonardo, cervello in fuga, Milano accoglie il figlio di Bondone, cervello in viaggio che nel “bel paese là dove ‘l sì suona” si impose in forza della verità, come quella che gonfia sotto la veste i seni della Vergine nel Polittico di Badia, mentre il Bambino le appoggia la manina sulla castissima scollatura. Ed è anche attraverso la figura della Madonna che Giotto “crea” (o forse recupera dal retaggio ancestrale) un altro cliché dell’identità nazionale, quello della “mamma mamma” dolce, morbida, accogliente, per non parlare della “laus Italiae” scritta attraverso un’architettura reale e riconoscibile e un paesaggio talvolta asciutto, ma dove gli alberi sono davvero alberi.
La mostra suggerisce pertanto la problematicità e la “sfida” della transizione giottesca, di quel cambiamento che lavora e matura per quarant’anni, avanzando rotondo e fiero tra gli occhi allungati e le dorature della tradizione precedente, fino a conquistare i potenti del suo tempo.
E se di fronte al ricostruito Polittico Baroncelli o al Polittico Stefaneschi il progetto dei curatori si rivelasse, anziché un passim schematico, un’utopia stimolante, la strada suggerita è quella della caccia al tesoro, in luoghi toccati ma spesso privati del lascito del maestro (ad esempio Napoli, dove la perdita degli affreschi in Santa Chiara o a Castel Nuovo è una lacuna molto dolorosa).

Giotto, l’Italia_ a cura di Pietro Petraroia e Serena Romano_ Milano, Palazzo Reale
(2 settembre 2015 – 10 gennaio 2016)

http://www.mostragiottoitalia.it/it/home.html
http://www.luoghigiottoitalia.it/

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