In quella foto, lui è molto bello. E inquietante. Guarda dritto dentro chi guarda, il contorno delle labbra ridisegnato dal rossetto. Un’immagine seducente e ambigua. Gli occhi profondi, la posa altera, la bocca seria camuffata in un sorriso truccato.
Un ghigno che riaffiora e scompare, come un nuotatore solitario al largo.
Medusa sarcastica. Clown malinconico. Sardonico. Cinico. Le definizioni si sfogliano come petali, e alla fine resta in mano uno stelo fragile e ispido.
È l’enigma Walter Picardi.
2006. Napoli, Changing Role Project Room: “Have a good time”. La sensazione è che al debuttante piaccia non tanto provocare, quanto turbare. Ma la cosa più spiazzante non sono il tavolo da ping pong con la rete storta; le racchette deformate; la pallina coperta di piume; il trittico del fist fucking; le sanguisughe tappate nei barattoli. La cosa più spiazzante è la descrizione che lui stesso fa del proprio lavoro: lo attraversa, lo confeziona, poi lo accantona con noncuranza, con gesti eleganti e nervosi.
Dissacratore e compassionevole, ironico e intransigente, sensibile e sprezzante, fruga nell’interlocutore per colpirne i punti deboli, sbattendolo davanti alla realtà.
Intenzioni che reggono il filo di una carriera in salita: lo scheletro della vanitas annegato nella piscina di rossetti; i teschi meccanici che masticano ributtante poltiglia; le urne del “sistema dell’arte”, sepolcri imbiancati e microfonati; l’autoritratto in veste di ladro; la “mostra dentro la mostra” tutta virtuale, con gli esordienti che sul web rimpiazzano la selezione istituzionale; la denuncia – in coppia con Sebastiano Deva – dei nostalgici pellegrinaggi alla Cripta Mussolini… Altri anni, altri lavori. Dove la provocazione, spesso, sta nell’evidenza: l’opera è poco spiegata, poco narrata, poco imbellettata di citazioni. Non ne ha bisogno. Di fronte ai fatti, nudi e immediati, lo spettatore indifeso si ritrae: possibile che sia tutto così semplice? Anche nell’arte contemporanea?
Picardi è fatto così: muove la sabbia con la punta del piede, cancella continuamente le tracce. Scherza e fa sul serio. Maledettamente. Obbedendo al dettato del suo demone interiore.
All’epoca delle sanguisughe, il ragazzo era già un uomo.
Forgiato dall’esperienza, aveva scelto le responsabilità.
Walter e Alice. Padre e figlia.
Faticano insieme, lavoreranno insieme. Si affideranno l’uno all’altra. Tempereranno i rispettivi equilibri. Si guideranno reciprocamente: com’è stato, come sarà. La traiettoria non è perfetta, durante il tragitto si può sbandare. Un genitore non è infallibile, non è invincibile. Tuttavia, agli occhi di chi ti vede così, ci vuole coraggio ad ammetterlo. Uniti in balìa del caso. Solidali nella caparbietà, nella voglia di farcela. Senza la retorica dei sogni, ma nella costruzione tenace di un progetto, che rischia di franare come un paziente castello di carte.
Troppo immediato, troppo semplice? Cosa c’è da capire, cosa c’è sotto?
La vita. Aspra. La dignità. Minacciata. L’amore.
“Io sono ciò che si vede con una lente d’ingrandimento applicata a questa parte di mondo, quello prospero. La mia esperienza si riflette moltiplicata per mille nelle vite degli altri, metto in scena qualcosa che presumo universale e che unisce in un nodo stretto la vita di quelli al di là dei muri con quelle degli uomini e donne al di qua di questi”. Così dice Walter Picardi da Napoli, Walter Picardi da Londra.
Risiede qui, in questo gioco di specchi, la saldatura tra politico e privato. L’anello che lega Walter e Alice ai corpi che, a grappoli, a ondate, la storia muove tra guerre e povertà, accalcati su navi e treni, alle frontiere, nelle stazioni, nei campi profughi, nei centri d’accoglienza. Persone vendute, strumentalizzate, sfruttate. Esseri umani poveri, scomodi, arrabbiati, pericolosi.
Di fronte ai quali un artista non può incagliarsi nella matematica, farsi vitreo schermo della cronaca. Eppure, se si lascia invadere dal dramma collettivo, come può salire sul barcone senza cavalcare l’onda? Come può entrare nel mondo elitario della galleria senza artificio, narcisismo, contraddizione? Come può aggirare le secche del puro documento?
Con onestà e sincerità. Non è facile, ma è necessario. Almeno per chi, come Picardi, riesce dolorosamente a guardare da entrambe le parti il miraggio della ricca Europa, sostanziato nell’abbaglio di una coperta isotermica, stesa su tavola come la foglia rilucente delle icone. E icona preziosa e scintillante è il Vecchio Continente, visto da lontano. Ma ciò che per “loro” è il Paradiso, per molti di “noi” costituisce l’Inferno della frustrazione e della miseria economica e morale, lo scenario fumoso della lotta per il riconoscimento o la sopravvivenza dei diritti. L’Europa del sommerso, dei licenziamenti, dei contratti da fame, del welfare azzerato, della natura devastata, dei beni culturali offesi, delle leggi insensate. L’Europa dei debiti e della corruzione, degli sprechi e delle banche, della politica rissosa e inutile. L’Europa esangue e sbandata, pronta a indire una crociata al giorno ma ormai svuotata di ogni senso del sacro. Allora, quasi per protesta, l’artista si inginocchia al proprio altare: “La mia, come quella di tanti orfani del Dio dei cattolici, è una religione laica che vede nella Fratellanza, nella Solidarietà, nella Compassione e nell’Uguaglianza di opportunità valori importanti da preservare e attuare. Sacro per me è l’Uomo e il suo diritto alla felicità e all’autodeterminazione”.
Cos’è cambiato, allora, rispetto al tavolo da ping pong? La vita rimane un gioco impossibile. Per tutti. Eppure ce la prendiamo sulle spalle e cerchiamo di procedere. Questa è l’opera della maturità? “Credo che un artista maturo sia colui che non ha smesso di farsi domande, ma ha ben chiaro cosa e dove cercare, malgrado non trovi le soluzioni”. Insomma, per l’uomo delle sanguisughe la maturità non rappresenta il traguardo al quale fermarsi sudato e felice. Specie se la felicità è soltanto sua.
testo scritto per la mostra
Walter Picardi_ Your heaven, my hell_a cura di Anita Pepe e Antonio Maiorino Marrazzo_ Napoli, Galleria PrimoPiano
Opening: 8 Aprile 2016 h.18,30
Orari di apertura galleria: martedì – mercoledì – giovedì h. 16:00 – 20:00 oppure su appuntamento
fino al 28 Aprile 2016