Fiori contemporanei alla Reggia

20 maggio 2017

08. Vinci - Galesi, La terra dei fiori, 2017, stampa su carta Hahnemühle, courtesy of the artists and aA29, Milano - Caserta, ph. Luca MiglioreFiori, e opere di bene. Perché è di speranza e di rinascita che l’arte contemporanea stavolta vuol parlare. Il messaggio viene lanciato in uno dei monumenti più famosi del mondo, amatissimo dai turisti e dai cineasti internazionali: la Reggia di Caserta. Luogo, peraltro, alle prese con un delicato progetto di “resurrezione”, e in una delle zone più difficili d’Italia. Rapportarsi con i sontuosi spazi vanvitelliani è la sfida che il duo Sasha Vinci – Maria Grazia Galesi affronterà innanzitutto con una performance, oggi alle 18. Giusto per fare un po’ di spoiler, l’azione – che partirà dai giardini e, snodandosi attraverso il “cannocchiale” e lo scalone, arriverà al vestibolo superiore – vedrà all’opera, oltre agli artisti, una squadra di bardatori siciliani e un magnifico cavallo frisone.
Il progetto, approvato dal Mibact in tempi straordinariamente rapidi, prende infatti spunto dalla spettacolare cavalcata di San Giuseppe a Scicli, nel corso della quale gli animali vengono addobbati con gualdrappe ricamate di violacciocche e gigli selvatici.
Fin qui c’è molto Sud (e magia): quello delle processioni e delle feste patronali, il Mezzogiorno colorato e folkloristico studiato dagli antropologi e apprezzato dai turisti. E ci sarebbe anche, vista la cornice, un richiamo alle attitudini “festaiole” dei Borboni.
Ovviamente, non è tutto. Perché il curatore Daniele Capra, autore dei testi in catalogo (insieme a Gabi Scardi), sviluppando un’idea della galleria aA29 Project Room Milano/Caserta, ha tirato le fila di una mostra composita, che aggiunge al momento più “spettacolare” una serie di scatti, video, sculture e disegni che svelano l’ancoraggio site-specific e lasciano che la cronaca e la memoria irrompano per aiutare le cento, mille terre martoriate da veleni, roghi e criminalità a sognare un destino diverso, trasformandosi in una “Terra dei fiori”. Così sembra un Eden da pubblicità anche la spiaggia sulla quale Vinci-Galesi fotografano se stessi avvolti in mantelli trapunti di boccioli e corolle, i bardatori in costume tradizionale e il lucente stallone nero; ma in quello stesso posto (il litorale di Sampieri, nel ragusano), esattamente due anni prima dello shooting, il mare aveva restituito i corpi di tredici migranti morti nell’ennesima traversata della disperazione. In sala Romanelli (fino al 30 giugno) vengono esposti anche mattoni fabbricati con materiali presi tra Acerra, Aversa e le cave dalle quali nell’antichità si estraeva per il cosiddetto opus coementicium. Su ciascuno è incisa la scritta “Felix”: un invito asciutto, forse un po’ didascalico, a ricostruire la bellezza e l’identità sfregiate dal degrado.

(Articolo pubblicato sul Roma, 20 maggio 2017)

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