Ma quanto sono fragili le banconote

2 giugno 2017

Se potessi avere… tre milioni al mese. Non occorre certo essere marxisti ortodossi per accorgersi che il mondo è retto dal dio denaro. È così da sempre. E da sempre l’arte lo sa, avendolo imparato, più d’una volta, a proprie spese. Sicché non è mai anacronistica la riflessione sul rapporto tra quanto c’è di più materiale e la manifestazione di una creatività a torto ritenuta puro spirito. “Primo Mercato”, ciclo di mostre curato da Marcello Francolini, da qui a dicembre prova a declinare il tema in cinque appuntamenti presso la Nea di Gino Solito, in piazza Bellini. Versatile il posto (caffé letterario, spazio espositivo), eclettico il nome scelto per il debutto: Dario Agrimi, pugliese, classe 1980. Il quale, per il suo “primo mercato”, propone al pubblico contratti d’acquisto per un’opera non ancora esistente, ma dalle caratteristiche già ben delineate. Il lavoro ci sarà, insomma. Oppure c’è, ma non si vede (il contratto stesso?). Sul crinale tra scommessa e investimento, si gioca il primo tempo di una partita in cui, sembrano suggerire alla lettera le due foto della gallina dalle uova d’oro, l’artista può addirittura giocare da attaccante, suggerendo all’economia reale soluzioni innovative; ludiche, attenzione, e non “creative” come vorrebbe una finanza sempre più spregiudicata. Per rimanere sul concreto, cuore della personale è l’installazione “tremilionidilire”, ricavata da un pacco di banconote da centomila che Agrimi comprò nel 2009, già nel pieno della Grande Recessione del XXI secolo. Trenta bigliettoni – dove, per puro caso, campeggia il volto di un grande artista “contro”: Caravaggio – sottoposti ad interventi d’ogni genere: strappi, ritagli, scritte, alterazioni del colore; oppure croci, svastiche, barchette. Scegliendo di misurarsi direttamente col sacro feticcio del capitalismo (come Andy Warhol o, per citare tempi e latitudini più vicini, Gianni Colosimo e Cesare Pietroiusti), l’artista imbocca la nostalgica via del luogo comune, di quel tempo mitico prima che “l’euro rovinasse tutto”. La cara, vecchia valuta tricolore, simbolo della perduta sovranità nazionale: carta moneta – carta straccia – carta d’artista. Come a dire: nascita, morte e resurrezione. Oppure: tre vite, diverse ma parimenti reali, e nude. Quale la più fragile?

(Articolo pubblicato sul Roma, 1 giugno 2017)

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