Il mare dentro

1 aprile 2009

Il Mediterraneo secondo Ilia Tufano

Mare internum. In senso letterario, letterale, letterista. È il Mediterraneo dei miti e dei poeti che Ilia Tufano scompone e analizza nella sua personale all’associazione culturale Movimento Aperto in via Duomo 290/c (presentazione di Dario Giugliano). Un ciclo di paesaggi tutt’altro che riconducibili alla tradizione figurativa, fedeli piuttosto all’astrattismo geometrico dei primordi, alla triade “punto-linea-superficie” di Kandinsky, arricchita dalla scrittura «per non degenerare – spiega l’autrice – nel decorativismo». Un verbo incarnato su tela, carta e legno, che inneggia all’onnipresente connubio “Tra le parole e le cose”, come recita il titolo della mostra. Dunque gli elementi costitutivi della pittura non bastano più? La parola è così indispensabile? Sembrerebbe proprio di sì: «È la nostra soglia della comunicazione, è necessaria ma ci tradisce». Così come tradisce l’evidenza: infatti, se “Oltremare” rafforza la tautologia “dipingendosi” le lettere con l’omonimo colore, sull’aggettivo “Rosso” è stesa una poco consona patina turchina. Metafore enigmistiche per navigare in un mare che gioca a nascondersi, smontando il messaggio non per arroccarsi nell’ermetismo, ma per divertirsi con le potenzialità della sua trasmissione. Esplicita la semiotica, ingannevole la semantica, in queste “vedute” prive d’immediatezza descrittiva: rappresentazioni di un’idea lontanissima dal codice iconografico, in cui scompare l’oggetto/soggetto e a farsi oggetto è la mera convenzione alfabetica. Un arcipelago che mette a nudo l’attrazione della Tufano per la logica, la filosofia (un esempio: gli album di acquerelli in cui è citato il principio eracliteo del fuoco) e la retorica, senza nulla sottrarre alla componente sensoriale, anzi sensuale, del lavoro, data soprattutto dal dinamismo compositivo, dalla matericità degli impasti, dalla vivacità della gamma cromatica, prevalentemente fredda. Un linguaggio distolto da tentazioni concettuali anche laddove si manifesta la tendenza plastica a chiudere, raccogliere, catalogare: raccoglitori di acquerelli e box dove trionfa la trasparenza del plexiglas, scelta estetica e simbolica in cui contenitore e contenuto assumono lo stesso valore di opera d’arte. E, nell’intenso colpo d’occhio dei blu, spiccano i rosa di un parallelepipedo recante due statements: “l’amore è una rosa”; “la rosa è una ferita”, premesse di un sillogismo che spetta allo spettatore completare…

(aprile 2009)

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