Premio Cairo, Correale finalista

2 ottobre 2008

Danilo Correale da Torre del Greco… al Cairo. No, non è arrivato nella capitale egiziana il 26enne vesuviano, ma nella rosa dei finalisti ad uno dei più ricercati riconoscimenti della giovane arte, che da nove anni “scommette” sulle promesse nazionali del contemporaneo. Promesse fin qui mantenute dal poliedrico fotografo-scultore-pittore, unico nato dopo l’Ottanta tra i partecipanti al Premio Cairo 2008, segnalati da una commissione in cui sedevano, tra gli altri, Laura Barreca, curatore junior del Pan, e la direttrice artistica dello stesso Palazzo Roccella Julia Draganovic, sempre più determinate nel promuovere i creativi napoletani oltreconfine. Dopo la proclamazione del vincitore, il 23 ottobre, il Palazzo della Permanente di Milano ospiterà fino al 2 novembre la collettiva delle quaranta opere selezionate. Per l’occasione Correale (il quale “gioca in casa” a metà, visto che da qualche tempo si è trasferito nel capoluogo lombardo “per seguir virtude e canoscenza”), ha proposto due lavori, accomunati – spiega – dall’«estetica della sparizione». Il primo, «“Discharge 07”, che non significa solo “discarica”, ma è anche il nome di un gruppo punk inglese del ’77, è un acquerello tratto da una foto dalla quale ho escluso totalmente il contesto, uno sversatoio in un bosco sul Vesuvio del quale ho mantenuto solo gli elementi estranei, riconoscibili in porte, legnami, buste, residui metallici, una Lancia Y10… tutto il verde è scomparso». All’opposto nella seconda opera, una fotografia inedita, resta «solo il bosco così com’è: un paesaggio fluviale senza elementi “alieni”». Rischio per un artista partenopeo è però quello di esser accusato dell’uso troppo smaliziato di uno più pressanti problemi di casa, quello della munnezza. «Me ne frego dei rifiuti. L’acquerello è un’immagine, un documento, rappresentato in modo più analitico. Non esiste un’immagine per quella che è, ma esistono un punto di vista e un dato momento. – ribatte Correale, il quale, abituato a giocare sullo spiazzamento e la dispercezione, rivendica – la capacità intrinseca dell’artista di poter manipolare la rappresentazione del reale…. Tutte le nostre visioni sono in divenire, anzi, parafrasando Paolo di Tarso, “questo mondo, così come noi lo vediamo, sta per sparire”».

(Roma, 2 ottobre 2008)

galkin.verdell@mailxu.com