Aglio, olio e la famiglia

9 febbraio 2012

Mmmmmh… a chi non piace?”. Siamo più o meno al quarto spicchio d’aglio – confesso di aver perso il conto – e il ritornello è finalmente uscito dalle labbra del guru. Che non officia tra le pignatte digitali di Stato né dai barbecue satellitari, non sacrifica carte di credito (altrui) sulle are stellate Michelin e certo farebbe arricciare il naso agli esperti di lifestyle patinato, quelli che la spolveratina di zenzero su pasta e fagioli non se la fanno mancare.

Perché pontifex maximus della vera cucina italiana si professa nientemeno che l’americano Buddy Valastro, al secolo “il boss delle torte”. Appellativo poco felice, chiaramente riconducibile ai soliti cliché Padrino-Sopranos, ma non abbastanza respingente. Il “boss” riesce comunque ad attirarvi nel suo Paese dei Balocchi vietato ai dietologi. Un’attrazione fatale. Ci sono caduta anch’io. Io che, fino a quando la glicemia ha tenuto (e il canale trasmesso), ho ammirato le res gestae di Buddy nel suo regno: la pasticceria avita nel New Jersey. Dove, a capo di un manipolo di assistenti, Egli creava torte strabilianti: a forma di teiera, di lavatrice funzionante, di motocicletta, di pacchi impilati, di auto… perfino di bara con tanto di cadavere semiputrefatto. Robe che, se le fa un  artista  del mainstream spacciandole per “sculture”, le vende minimo a 500mila dollari. Come un Vatel del XXI secolo, Valastro non si tirava indietro di fronte a nessuna sfida: problem solver nato, coach lucidissimo, motivatore generoso, niente per lui era impossibile. Purché fosse davvero impossibile. E quanto più alto era il traguardo, tanto più la sua megalomania ne veniva eccitata: materassi di pan di Spagna farciti con secchi di creme al burro, intonacati con badilate di panna e autostrade di cioccolato plastico. Senza risparmio di coloranti e additivi vari. Un vero trionfo del kitsch e del junk food a stelle e strisce. Uno stereotipo dell’Italia che impastava uno stereotipo dell’America.

Ma il bello doveva ancora venire. Perché, lasciate le glasse violette e la porporina argento sui cupcakes, le nuove puntate tuttora in onda vedono Valastro giocare letteralmente in casa. Stoviglie enormi, frigo a due ante, colonna forno tipo grattacielo, piano cottura a tre piazze… Rigorosamente oversize, proprio come nei film e nelle soap, la cucina (vera o ricreata in studio?) è lo sfondo nel quale il Nostro si aggira sì in maniche di camicia, ma con una missione da paladino: mandare la dieta mediterranea all’attacco del cibo spazzatura, mostrando innanzitutto quanto sia semplice e veloce mangiar sano come in Italia. “Che ci vuole? Sono solo sei ingredienti!”, riepiloga serafico, quasi a prevenire le obiezioni di fastfooder e microondisti.

Buddy propone insomma la cara, vecchia dieta mediterranea, sostenuta da molti nutrizionisti. Magari, se il suo braccio non restasse paralizzato mentre versa l’olio o non volesse per forza rendere l’acqua della pasta salata “come l’oceano”, i suoi benefici sarebbero più evidenti. Ma la sua preoccupazione, più che una rivoluzione delle calorie, sembra essere rivendicare l’importanza della famiglia e le proprie radici tricolori.

Ad ogni assaggio, the kitchen boss mugugna sensuale come un vero macho: guardatelo mentre si sbrodola col sugo dopo essersi nettato le dita bisunte direttamente sullo strofinaccio; oppure, a froge aperte, aspira il profumo d’un mazzo di basilico smembrato a mani nude (lui ha sempre le mani nude, anche nella sua pasticceria non c’è verso di vedere un guanto usa-e-getta). Magnetico. Convincente. La domanda retorica è il suo forte: “A chi non piace la cipolla?” chiede, mentre batte sul tagliere. “A chi non piace il bacon? A chi non piace il cioccolato?”. Buddy vive di certezze. Provate a contestarlo mentre, puntando un indice assertivo verso il piatto, esclama: “È così che si fa, baby!!”. È così che si fa la parmigiana di melanzane, è così che si fa il pollo al forno, è così che si fa la pizza carbonizzata alla griglia.

Invece tante volte vorrei fermalo e dirgli: è così che si faceva, Buddy mio. È così che si faceva nell’Italia di mia nonna, dopo la Guerra e prima dell’antiaderente, quando il colesterolo non era una piaga sociale e per due dita d’olio nel tegame non moriva nessuno. Prova a entrare adesso in un bar di Milano durante la pausa pranzo. Li vedi, boss? Tutti a spezzare le bacchette per il sushi, a espiare davanti all’insalatina o alla caprese eucaristica.

E l’aglio? Oggi nella Penisola l’ingrediente prediletto della tua “vera cucina italiana” è fuorilegge. Resiste solo nella dispensa di qualche vecchia piemontese incallita nella bagna cauda o di un ligure caparbio che si rifiuta di epurarlo dal pesto, ma prima o poi si estingueranno pure loro. Invece tu, Buddy, sei così devoto allo spicchietto che dalla tua casa nel Jersey potresti ammazzare un vampiro in Transilvania. Mi chiedo se questa passione non crei problemi relazionali ai tuoi figli, quei tre frugoletti spesso in video con te. Perché, appunto, tu resti affezionato a una tradizione italiana, ormai decaduta pure questa: la famiglia. Ho assistito a un discreto viavai di parenti nella tua cucina: zie e zii, sorelle, moglie, suocero pizzaiolo; ti ho ascoltato commemorare i tuoi genitori e mi sono commossa per affermazioni come “è bello cucinare, ma soprattutto è bello farlo con la famiglia”, mentre tramandavi il patrimonio culinario e dolciario della stirpe al tuo omonimo junior, con orgogliosa patrilinearità.

Il tuo problema, Buddy, è che sei molto più italiano di tanti italiani, ma sei un italiano arcaico. Vuoi un’altra prova? Tu porti ancora la maglia della salute. La vedo costantemente occhieggiare dalla tua camicia casual. Oggi quella t-shirt bianca a girocollo, per giunta così a vista, non la indossa più nessuno. Oggi l’Italia è un paese progredito, con l’alito profumato, il corpo palestrato e l’underwear firmato e discreto. Non ti dico la canottiera. Quella è tollerata solo per uno, un politico strambo che ormai non la dà più a bere manco ai suoi, uno che ogni tanto rantola parole come “secessione” e “Padania”. Ma ora inizia il programma ed io voglio annotarmi qualche tua ricetta di famiglia (e poi, cosa sto a raccontare a uno che vive in un Paese dove il Federalismo non è una pagliacciata?).

W l’Italia, Buddy! Il colesterolo, oggi, è proprio l’ultimo dei problemi.

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tinnescarol