libri_architettura (electa napoli 2006)
Quando eravamo progressisti. Per davvero. Un riformismo a passo di carica, quello dei napoleonidi napoletani, cui bastarono dieci anni per cambiare i connotati alla città…
Tagliare l’istmo di Capo Palinuro per rendere più agevole la navigazione. Soluzione indubbiamente drastica, di quelle che qualsiasi piano regolatore oggi (probabilmente) boccerebbe. Eppure due secoli fa qualcuno ci provò, spinto dalla necessità politica e dal desiderio personale di far germogliare dal suolo di Napoli una nuova età dell’oro, ufficialmente principiata nel febbraio del 1806 e archiviata nei libri di storia alla voce “decennio francese”. A ripercorrere e sintetizzare i due lustri che cambiarono il volto della capitale del Mezzogiorno e, seppur in modo marginale, delle sue province è Marilena Malangone, ricercatrice presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II e autrice di un testo articolato, esaustivo e di agevole lettura. Partendo da un’opportuna contestualizzazione storica, il volume evidenzia come l’arrivo dei parenti stretti di Napoleone prima il fratello Giuseppe e poi il cognato Gioacchino Murat- segni una svolta radicale per la terza città più popolosa d’Europa, che fino a quel momento aveva conosciuto uno sviluppo irregolare e incontrollato, con pesanti ricadute sull’ordine –o, meglio, sul disordine- sociale, di cui neppure l’assolutismo illuminato e faraonico di Carlo III di Borbone era riuscito ad avere ragione. Diverso il presupposto che animava i dominatori d’Oltralpe, e soprattutto il marito di Carolina Bonaparte, nel quale sopravviveva, accanto all’ambizione e alla demagogia del caso, quello spirito illuminista che lo spinse a cercare e imporre nuove regole a un popolo di cui si sentì re di fatto, più che amministratore coronato per conto terzi. Un programma riformista improntato a un ideale di “imborghesimento”, con una conseguente razionalizzazione degli spazi urbani, talvolta troppo ardita per non essere avventata, e imposta in modo non sempre morbido. Fu così che il robusto pilone di un ponte venne conficcato nel mezzo del demolito chiostro secentesco della Chiesa della Sanità, seppur per un nobile scopo come la realizzazione di un asse atto a ottimizzare i collegamenti fra il centro e Capodimonte. Anche gli antichi edifici del Largo di Palazzo furono sacrificati dal sovrano sull’ara della modernità, per aprire un Foro a sua lode e gloria (analogo a quello meneghino), sul quale, dopo, i redivivi Borbone calarono ex voto la basilica di San Francesco di Paola e i piemontesi l’intitolazione al Plebiscito. L’utopia rivoluzionaria di un modello civico più civile mieté applausi nel rinnovato Teatro San Carlo, toccò il cielo con un dito nell’Osservatorio di Capodimonte, s’inebriò nell’Orto Botanico e nell’ampliata Villa Reale e, conforme all’editto di Saint-Cloud, si eternò nel Cimitero di Poggioreale. E, affinché il progresso e il consenso avanzassero più speditamente, non solo si spianò la strada verso Capodichino, ma intagliò nell’incanto di Posillipo quel nastro che, se l’abusivismo non ci avesse messo gli artigli, oggi sarebbe ancora una delle panoramiche più belle del mondo. Alla testa di un manipolo di ingegneri e architetti -in prima linea Giuliano De Fazio, Stefano Gasse e Antonio Niccolini-il generale di Abukir e maresciallo dell’Impero tentò così di sistemare la sbrindellata cartolina di Napoli, prima che la reazione e la restaurazione gli presentassero il foglio di via. Indomito e sognatore, il re guascone uscì di scena nel 1815 con un autentico coup de théâtre, dirigendo il proprio plotone d’esecuzione a Pizzo Calabro, dov’era stato catturato mentre tentava di riconquistare il trono all’ombra del Vesuvio. Immancabili le ultime parole famose: Salvate la faccia, mirate al cuore!. In fondo, anche lui aveva cercato di fare lo stesso con un’intera città.
anita pepe
Marilena Malangone – Architettura e urbanistica dell’età di Murat. Napoli e le province del Regno Electa Napoli, Napoli, 2006 ISBN 88-510-0319-X Pagg. 216, illustrazioni b/n e colori, € 30 Info: la scheda dell’editore -http://www. exibart.com/profilo/editore.asp/idelemento/33