Come ogni anno, sotto Natale riscopriamo magicamente l’esistenza del prossimo nostro. Sì, proprio lui: quello che ci chiede lo spicciolo al semaforo, quello che ci fa cambiare canale quando sbarca a Lampedusa, quello che ci alita vino rancido in faccia nella metro, quello a cui fottiamo senza troppi scrupoli il posto nelle strisce gialle. E così i manovratori della Bontà a orologeria ci martellano con le sottoscrizioni, gli IBAN, gli sms, ma soprattutto con le aste, le riffe, la compravendita delle indulgenze e dei panettoni il cui ricavato sarà devoluto a.
Sui giornali e in tivvù sfilano vip convertiti o in piena crisi mistica, quasi indossassero scapolari e cilici tra la pelliccia e il silicone, i quali ricordano come ci sia più gioia nel dare che nel ricevere, foss’anche un cachet a più zeri percepito per ruotare il bacino all’inaugurazione di una discoteca, strillare frasi senza senso in un talk show o leggere tre-quattro articoli della Costituzione.
Però a me piacciono soprattutto: la lotteria del salumiere, dove ti prendi il numeretto e vinci il cestino col prosciutto, il parmigiano, le lenticchie, il panettone e la frutta secca (so che non è beneficenza, ma tanto quest’anno le salumerie non l’hanna fatta perché c’è Crisi); le pesche filantropiche della porta accanto, quelle con la fetta di torta fatta in casa o con le cianfrusaglie regalate da chi, nel nome di disabili e bambini africani (quelli indiani ormai sono ricchi), coglie la palla al balzo per svuotare la soffitta. La teiera senza manico? Ma sì, è porcellana di Limoges, hai detto niente. E la mattonella col santuario della Beata Ildegonda che zia Pinchiorra ci portò dal pellegrinaggio in Abkhazia? Ma perché, la bomboniera di tuo fratello Girolamuccio? Ah, allora già che ci siamo prendi anche quel posacenere che ci sbolognò la signora Resegoni a Pasqua di tre anni fa.
Sicché la generosità si trasforma in indifferenziato e il proverbiale “dona un sorriso” vale, anche se per un effimero attimo di sollievo, solo per chi si è disfatto del ciarpame accumulato in anni di spensierato consumismo.
Quest’anno poi – coincidenza – in prossimità delle Feste c’erano pure le parlamentarie del centrosinistra, e quindi di poveri bisognosi da soccorrere c’era davvero l’imbarazzo della scelta.
In quanto agli obiettivi “politicamente corretti”, proprio in nome della Bontà natalizia gettiamo la maschera, o Italiani – tanto chi è mai andato a manifestare sotto al Parlamento con i terremotati tassati o i disabili buggerati dai ministri? – e cerchiamo almeno di inventarci qualcosa di più originale per spillar quattrini destinati a una giusta causa. Non dico un euro per i giornalisti precari o un giocattolo per i figli dei cassintegrati, ma in questo Paese c’è tanta gente che soffre: aiutiamo il romitorio delle rifatte pentite, l’educandato delle Olgettine abbandonate, l’ospizio dei concorrenti di X factor.
Che poi va bene donare due euro per costruire la scuola in Africa, ma sappiate che – ddl docet – tra un po’ i due euro potrebbero chiederli in beneficenza per la vostra, di scuola.