Musica per i miei occhi. È difficile da spiegare, ma è come se la mostra di Kandinsky ti cantasse dentro.
Quadri già visti tra le pagine dei libri, in poster economici e sullo sfondo di qualche desktop. Tutto può essere, ma respirarci a due passi, per la prima o un’altra volta, è diverso. Poi dite se davanti a Gelb Rot Blau (Giallo‐Rosso‐Blu) non avete sentito anche voi una vibrazione. No, non è per fare il verso alla performer giustamente torturata da Jep Gambardella ne La grande bellezza, ma il quadro – sala inaspettatamente vuota, grata solitudine – emana qualcosa: vibrazione, brivido. Una piccola scossa dalla tela al petto, che frena solo perché c’è la schiena. Del resto, Vassily stesso aveva speso non proprio due parole sull’effetto psichico del colore.
Colore, colore, colore. Da perdercisi dentro, spalmarselo sugli occhi aperti. Aria trasparente, danze di microrganismi, oppure dense pozze negli scorci dei ritorni russi, dove colui che aveva “inventato” – nel senso latino di “invenio”, “trovare”, come un rabdomante – l’astrattismo si rilassa in un figurativo dai contorni neri e marcati.
Che poi nello stresso Gelb Rot Blau si nasconda, suggeriscono le didascalie, una lotta tra San Giorgio e il drago è un altro discorso. Però potete anche non prendervi l’impegno di decifrare il significato di questi quadri, decidendo di farvi lambire dal “sembra un”, apprezzando il contatto con la superficie. Perfino liberi da quella specie di soggezione, a volte un po’ sufficiente, che si prova davanti a tanta arte d’oggi.
Poi, volendo, si può approcciare la fascinosa base teorica costituita innanzitutto da testi ineludibili come Lo spirituale nell’arte e Punto linea superficie, esoterismo compreso (aspetto purtroppo trascurato dalla mostra milanese), senza tralasciare il quadro storico di riferimento. Eppure K non doveva fare l’artista: assistente alla cattedra di diritto, intorno ai trent’anni viene folgorato sulla via della tavolozza. Colpa di Monet, ma anche di Wagner. Così il cigno di Lohengrin lo trasporta lontano dalla giurisprudenza e dalla Grande Madre, in quella Germania nella quale, anni dopo, entrerà nel novero dei “degenerati” mandati al rogo dal Terzo Reich. Musica, si diceva: pochi artisti come il moscovita sono stati accostati con tanta frequenza al mondo delle sette note, sia per i rapporti diretti col teatro musicale che per i riferimenti ad autori come Mussorgsky, Schönberg o al jazz. E compositore è, chiaramente, lui stesso, per gli accordi segnici e cromatici, le forme biomorfe che sciolgono la rigidità della geometria, l’armonia di stesure lisce, porose, vellutate. Compositore, nonché narratore: Ammasso regolato, per esempio, non pare evocare una fiaba russa, con isbe e soffici fiocchi di neve? Complice la suggestione surrealista, l’esposizione scivola come un bateau ivre sulle onde di inconscio e gioco, ironia e sogno, rigore e fantasia. A proposito, sapevate che uno dei topoi di Kandinsky è la barca?
per tutte le immagini: © Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Philippe Migeat / Dist.
RMN‐GP © Vassily Kandinsky by SIAE 2013
Vassily Kandinsky. La collezione del Centre Pompidou_ a cura di Angela Lampe con la collaborazione, per l’Italia, di Ada Masoero_ Milano, Palazzo Reale
(17 dicembre 2013 – 27 aprile 2014)
http://www.kandinskymilano.it