Un’ora e poco più. Questo il tempo esterno, oggettivo, di “The luck”, ultimo lungometraggio dei Masbedo, che oggi alle 18 sarà proiettato alla presenza degli autori al Madre, preceduto da un’introduzione di Laura Cherubini, vicepresidente della Fondazione Donnaregina, e di Alessandro Rabottini, curator at large in via Settembrini. Un duo, quello formato nel 1999 da Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni, che sembra sfatare l’adagio del profeta in patria, avendo incassato – per restare al 2014 – la buona accoglienza per “The lack” alla Mostra del Cinema di Venezia e un’apprezzata mostra alla Fondazione Merz di Torino.
Tale seguito si potrebbe, semplificando, motivare così: i Masbedo hanno qualcosa da dire, e la dicono bene. Notevole è l’estetica dei loro lavori, attraente per occhi mai sazi di video, pubblicità e foto sempre più raffinate, laddove la ricerca del bello “convenzionale” non è sempre tra gli imperativi dell’arte contemporanea. È chissà che proprio questa (evidente, ma non fondante) cura di ogni fotogramma non attiri al Madre un pubblico diverso da quello dei soliti addetti ai lavori. Certo, c’è da superare qualche… scoglio, metafora non casuale, vista la presenza nel film di una natura primitiva ed estrema, con la quale può confrontarsi solo una forza altrettanto viscerale e tesa al limite: quella delle donne. Quattro sono infatti le storie di “mancanza” (“the lack”, appunto), vissute da attrici che si sono poste in ascolto delle urgenze emotive dei registi e, più che mere interpreti, ne sono diventate performer, soprattutto attraverso il linguaggio del corpo. Tra fitti silenzi, voix humaine sottotitolate e il suond design amniotico di Benni Atria, il copione lesina infatti parole, il che potrebbe essere un inciampo per chi creda di approcciarsi ad una pellicola tradizionale. Più che dalla sceneggiatura (il soggetto si deve a Mitra Divshali e Beatrice Bulgari, che è pure produttrice insieme a VivoFilm di Marta Donzelli e Gregorio Paonessa), la narrazione nasce dalle immagini (firmate da Giuseppe Domingo Romano e Gherardo Gossi).
Il nocciolo di “The lack” sta qui: nella dimensione ibrida tra sperimentazione artistica e cinema tout court, che per stessa ammissione dei Masbedo non ha vincoli di unità, ma potrebbe essere fruita come contenitore di tre-quattro lavori autonomi. Però, se le storie di Eve, Xiu, Anja e Nour, Sarah si sganciassero le une dalle altre, resterebbe comune la presenza del grande protagonista: un paesaggio in bilico tra splendore e catastrofe che, anche per una delle location prescelte (l’Islanda, l’altra sono le Eolie) ricorda il celebre Dialogo leopardiano tra la Natura e il piccolo uomo in fuga dalla sua crudele indifferenza. Solo che qui l’Islandese è una donna combattiva, che pure in condizioni proibitive riesce ad attraversare l’incombente e asciutta “foresta di simboli”. Una foresta sulla cui soglia Massazza e Bedogni danno allo spettatore un benvenuto carico di responsabilità. Quella di comprendere, innanzitutto, prestando all’opera, più che un’ora, lo spazio bianco del proprio tempo interiore.
(Articolo pubblicato sul Roma, 11 marzo 2015)