Venti. È una cifra tonda di tutto rispetto quella delle candeline che spegnerà quest’anno Artecinema, tradizionale appuntamento d’autunno per i patiti, gli appassionati e, perché no, i neofiti delle arti del XX e XXI secolo. Al timone, come sempre, l’ideatrice Laura Trisorio, che ha distribuito su quattro giorni documentari in lingua originale (tradotti simultaneamente in cuffia), molti dei quali in prima nazionale. La formula resta invariata, così come la cornice che da qualche anno ospita la serata inaugurale: stasera il sipario del Teatro San Carlo si alzerà su “Art War” di Marco Wilms, indagine su musica e graffiti come strumenti di contestazione nell’Egitto del dopo Mubarak; diversamente impegnato è “Jeff Koons: Diary of a Seducer” di Jill Nicholls, ritratto di un genio della provocazione e ottimo imprenditore di se stesso, a capo di uno studio-azienda dal fatturato miliardario.
La maratona vera e propria – dalle 16 alle 24 orario continuato – comincerà domani e chi vorrà incollarsi alle poltroncine dell’Augusteo avrà solo l’imbarazzo della scelta. Per l’architettura, dopo un omaggio alle quote rosa – Annabelle Selldorf, Farshid Moussavi, Odile Decq, Marianne McKenna, Kathryn Gustafson –, assisteremo all’aspra contesa tra Zaha Hadid, Jean Nouvel, Frank Gehry, Dominique Perrault e Norman Foster per aggiudicarsi la progettazione del Museo Nazionale di Andorra: per la serie, anche i vip piangono…
E, a proposito di big, ce n’è davvero per tutti i gusti e per ogni tempo. Se la storia è la vostra passione, dopo Man Ray e Marc Chagall, un filone da seguire è quello dei capolavori “sommersi e salvati”: all’impresa del “monuments man” Jacques Jaujard, che all’alba della seconda guerra mondiale sottrasse oltre 4.000 opere del Louvre dalle grinfie di Hitler, fa da contraltare l’oscura vicenda di Cornelius Gurlitt, nel cui appartamento a Monaco di Baviera sono stati ritrovati oltre 1400 pezzi di “arte degenerata” appartenuti al padre Hildebrand, mercante di fiducia dei nazisti.
Amate la performance? Jan Fabre vi aprirà le porte del suo laboratorio teatrale di Anversa, mentre Tania Bruguera vi coinvolgerà a posteriori nell’utopistica azione che per 15 settimane l’ha vista fuori al Guggenheim di New York invitare i passanti a firmare una petizione a Papa Francesco per la concessione della cittadinanza vaticana agli immigrati senza documenti. Se invece cercate nell’arte risposte a temi come la vita, la morte, la trascendenza, il tempo, lo spazio, la musica, Bill Viola ve li spiegherà a modo suo. Grandi nomi, grandi mostre, entrambe datate 2014: Niki de Saint Phalle al Grand Palais di Parigi e Ai Weiwei al Martin-Gropius Bau di Berlino. Oppure big che raccontano big: dal tributo a Marcel Duchamp da parte del pioniere della Pop Art Richard Hamilton, al viaggio professionale e umano con e “dentro” Louise Bourgeois compiuto da Tracey Emin, la trasgressiva regina della Young British Art, che sugli schermi del Festival incrocerà il sodale Marc Quinn, “spiato” tra l’altro durante la realizzazione della discussa “Alison Lapper Pregnant”, gigantesca effigie di una donna focomelica nel pieno della sua gravidanza.
La serata finale di domenica si giocherà parzialmente in casa: tra i primi cineasti del Novecento, il poliedrico Étienne-Jules Marey visse circa vent’anni sulle rive del Golfo di Napoli, da lui immortalato in una rara ripresa cronofotografica. Un salto di decenni e si scende nel ventre della città con il misterioso Žilda, street artist francese innamorato dei muri partenopei, sui quali lascia il segno della propria creatività. E a lasciare un segno oltre le mura e i muri penserà anche Artecinema, con incontri e proiezioni per gli studenti all’Accademia di Belle Arti e al Grenoble nella mattinata di venerdì e, il giorno dopo, alla Casa Circondariale di Secondigliano. Perché una scommessa – vinta – non perda il gusto della sfida.
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(Articolo pubblicato sul Roma, 15 ottobre 2015)