Isola azzurra. Isola delle Sirene. Appellativi universalmente noti, che tuttavia non bastano a spiegare il fascino di Capri. Perché dietro la piazzetta, le boutique, i locali vip, le ville, gli yacht, la perla del Golfo custodisce, con insospettata riservatezza, un tesoro misterioso. Quale? Se lo chiedono i due artisti voluti da Adriana Rispoli per “Capri B&B”, mostra alla Certosa di San Giacomo (chiude il 24 luglio) la cui sigla non indica una struttura di accoglienza, ma sta per Behind and Beyond: un “dietro” e un “oltre” sui quali si proiettano due sguardi che lasciano certo abbacinare da riflettori e paillettes, quelli di Raffaela Mariniello ed Eugenio Tibaldi. La prima ha alle spalle un robusto retroterra di antropologia del turismo, sintetizzato nello scatto-manifesto “Lost and found”, qui fatto rivivere in forma di installazione. Naturale dunque che la scelta curatoriale cadesse sul suo nome, e altrettanto naturale che la fotografa partenopea adottasse un punto di vista non stereotipato, elaborando nell’arco di un solitario inverno il proprio “Capri Teorema”: 32 immagini che cristallizzano in silenziosa poesia gli itinerari meno battuti, o i luoghi e le cose che nella cosiddetta bassa stagione tornano proprietà degli addetti alla manutenzione. Anziché svanire, l’incantesimo pare rivelarsi quanto più dimentica se stesso, lasciando emergere la fatica tutta umana che opera dietro le quinte.
Da sempre attento alle implicazioni sociali e politiche della pratica artistica, anche Eugenio Tibaldi non abdica al proprio credo e, nel regno del lusso a cinque stelle, utilizza 46 “posti letto” assai poveri per ricrare in scala i due Faraglioni. Montata su tubi innocenti, l’icona caprese è stata eretta nel Giardino del Priore acquistando i cartoni direttamente da chi li adopera come giacigli di fortuna: i senzatetto. Davanti fastosa scenografia, dietro miserabile assemblaggio: una provocazione percettiva che esemplifica l’architettura precaria («Una delle poche forme – fa notare l’artista piemontese – non presenti su un’isola in cui progettisti da ogni parte del mondo hanno portato il loro sigillo in qualsiasi epoca») mappata anche in “Questione d’appartenenza”, reportage su circa ventimila costruzioni abusive nel cuore di Napoli, che documenta come esigenze reali – un nuovo bagno o un condizionatore – abbiano reso la strada «una stanza in più della casa da arredare e da pulire, annullando il confine fra pubblico e privato con azioni di prepotenza». All’opposto, le pietre tutte incise con la scritta ”proprietà privata” edificano il muro – anche ideale – sapientemente sotteso al mito di un’isola esclusiva e inarrivabile, in cui ogni millimetro è gelosamente «conservato ed artefatto, tutelato e posseduto, desiderato e amato». Analogamente, i cinque collage di cartoline e piccoli poster fotografati nelle collezioni Garofalo e Lepore-Mayer generano un caleidoscopio di paesaggi, che ripercorrono e rivoluzionano 130 anni di iconografia di Capri nel mondo.
Comune il presupposto, diversi gli sviluppi, la riflessione di Mariniello e Tibaldi converge in un’opera che riprende il titolo dell’esposizione e, sul filo rosso del binomio uomo-natura, rielabora uno scorcio del cantiere aperto per il restauro dell’Arco Naturale. A conferma di come la bellezza sia talvolta un lavoro sporco, ma per fortuna c’è qualcuno che lo fa.
(Articolo pubblicato sul Roma, 16 luglio 2016)