Roberto Amoroso e la difficoltà di essere social

19 luglio 2017

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Social. Antisocial. Ma è ancora possibile essere no social? È uno degli spunti di riflessione sulle nevrosi del mondo contemporaneo che Roberto Amoroso – partenopeo di stanza a Milano – affida alla sua mostra da Dino Morra (fino al 27 luglio). Un ritorno segnato da «amore e passione. È stata un’esperienza molto intensa, – dice l’artista – soprattutto per il pubblico, incuriosito e attento, pronto a interagire. Esattamente quello che desideravo: il mio lavoro nasce per smuovere le coscienze. Forse questa è la mia esposizione più politica, ma con un approccio critico e non di avversione al tema. Napoli è la città giusta: non è assopita, il pubblico è diretto, non ha timore di offendere né di emozionarsi». Wallpaper, dipinti, lightbox, video. Acrilico, adesivi. Un discorso poliedrico, in un «mix compulsivo di contaminazioni, un salto da epoche antiche a stimoli urbani. Di selvaggio c’è l’approccio, l’autenticità dello strumento del disegno. Mi sono confrontato anche con tecniche più analogiche, come la pittura, gli acquerelli, la grafite. Per me, che utilizzo di solito la tavoletta grafica, un confronto con il passato per descrivere il presente». Un’ibridazione non solo dei materiali, ma anche delle iconografie, come nella serie “The community of nothing”, che mescola codici della massoneria e del web, «quasi a sottolineare il valore simbolico di un like o di un share. Basti pensare alla comunicazione in chat: sembra diventato necessario inserire un emoji per caratterizzare l’umore della conversazione, fino a sostituire la parola stessa. Non so se si può parlare di “nuovo ordine” ma sicuramente influenza le nostre vite». Vite profondamente mutate dalla pervasività della tecnologia, nel bene e nel male. Leoni da tastiera, seminatori di odio su Internet, “bulimici di pollici, tossici dell’io”. Zombie attaccati al cavo del pc, solitudini in diretta streaming, narcisi scollati dalla realtà. Il vuoto chiassoso di una società schiava dell’iperconnessione va in scena “Behind the curtain”, dietro il sipario della rivoluzione digitale, dando il titolo al video che ha messo a confronto «tre teste creative»: oltre ad Amoroso, suo fratello Dario, cui si devono montaggio e musiche, ed Enzo Moretto leader dei …a toys orchestra. Un lavoro visionario, dove audio e video sparano a ritmo ossessivo immagini acide e un testo graffiante, «punk e provocatorio. Come artista ho sempre studiato il processo di trasformazione del virtuale e l’influenza che ha sul nostro quotidiano. Ho la sensazione che questo strumento possa sfuggirci di mano, ma allo stesso tempo osservo con entusiasmo le grandi scoperte e possibilità che il web ci offre». Al punto che, senza contraddizioni, l’opera è frutto di una collaborazione a distanza: «È stata volutamente montata da un musicista e sound designer, affinchè potesse avere lo stesso approccio ingenuo degli esperimenti che in passato venivano fatti nell’animazione, in contrasto con la complessità musicale. Le voci di Enzo Moretto e di Francesca Pizzo, cantante dei Melampus, sono state registrate con i microfoni dei supporti come computer. Abbiamo sfruttato la Rete per incontrarci, a dimostrazione del fatto che nel mio progetto non c’è contrarietà al web, ma semplicemente un’analisi più critica del suo utilizzo». Sfaccettature incarnate dalla figura ricorrente del lupo: «È un animale che gioca in gruppo e in solitario. Nel branco, bardato di oggetti, rappresenta l’oniomania, ovvero l’impulso morboso all’acquisto; da solo, rimanda emblematicamente al terrorismo o, più semplicemente, all’individualismo».

(Artcolo pubblicato sul Roma, 18 luglio 2017)

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