Venaria Reale (TO), Reggia
Splendori di corte dal Barocco all’Art Déco. Tre secoli di gioielli in Casa Savoia. Esposti nelle stanze della “Versailles” alle porte di Torino…
Che l’investimento sul restauro di Venaria Reale sia stato massiccio è un dato di fatto. Che questo investimento sia stato intelligente pure. Così com’è chiaro che le scommesse (e i fondi) non bastano mai, data l’imponenza e l’incidenza della struttura. Insomma, la reggia piemontese è uno di quei posti che, in un attacco di sano campanilismo, ci fanno esclamare che non abbiamo niente da invidiare a nessuno, anzi: dai Giardini – in cui Giuseppe Penone insegna cosa vuol dire intervenire da contemporaneo in un contesto antico -alle proiezioni di Peter Greenaway, dalla spettacolare Galleria Grande ai “pirotecnici” giochi di luci e d’acqua della fontana del Cervo (consigliata perciò la visita serale nei fine settimana). La gemma della “corona di delizie” già descritta nel secentesco Theatrum Sabaudiae, luogo di svaghi venatori, capricci topiari e galanterie cortesi, celebra l’apoteosi di una delle più longeve dinastie europee derogando al classico understatement locale, e s’abbandona alla tentazione di tirar fuori i gioielli di famiglia. Dando vita a mostre come questa, destinata letteralmente a far brillare gli occhi del pubblico, specie di quello femminile: un percorso piccolo e… brillante, inserito nel cosiddetto “snodo garoviano” della residenza voluta da Carlo Emanuele II. Si parte dai tesori del Santuario d’Oropa, nel biellese, che compete in fulgore con la gloria dei Cieli grazie a corone per la Madonna Nera, monili donati da papi e regnanti e una pettorina che irraggia splendore barocco all’ennesima potenza. Dal sacro al profano, col passar dei secoli i designer di preziosi badano sempre più alla raffinatezza e, si direbbe, alla “praticità”. E se prima era tutto un tripudio di pietre multicolori e fogge opulente, fra Otto e Novecento vengono elaborati ornamenti in grado di passare agilmente dallo sfarzo alla (relativa) sobrietà, scomponendosi in spille e clips. Di un’attitudine al “risparmio”, più che di mero rispetto della tradizione familiare, testimonia del resto il bracciale nel quale quattro generazioni di promessi sposi Savoia sostituiscono la propria effigie in miniatura, da esibire alla prescelta di turno.
Per i fornitori della Real Casa (Musy su tutti), imperativa diventa l’esaltazione non solo della stirpe, ma anche dell’avvenenza delle prime donne a sedere sul trono dell’Italia unita. Passano dunque alla storia le perle della regina Margherita, incarnazione dell’eterno femminino carducciano, celebre per i molteplici “giri” con cui, secondo i pettegolezzi, l’augusto consorte si faceva perdonare qualche scappatella. Ed è subito icona la fiera bellezza di Maria José, la “regina di maggio” per la quale il genovese Chiappe realizzò la parure nuziale e il fedele Musy la bomboniera decorata coi “nodi Savoia”, cadeau di un matrimonio non troppo fortunato e inevitabilmente minato dalla drammaticità dei tempi.
E, a proposito di contesto, spicca l’anello che il Primo Ministro Benito Mussolini, “benedetto” proprio dai Savoia con la nomina a capo di un governo di lì a poco mutatosi in dittatura, donò a Irene di Grecia e Danimarca per le nozze con Aimone d’Aosta. Colore della perla incastonata? Ovviamente, nero.
anita pepe
mostra visitata il 6 settembre 2009