Il libretto delle istruzioni per le mostre contiene diverse voci. Una, per esempio, dice di trincerarsi dietro la nostalgia del grande evento di tot anni prima, invariabilmente più bello e più “scientifico”. Un’altra consiglia di leggere, serenamente e attentamente, il titolo di ciò che si sta andando a vedere ed entrare.
Cosa aspettarsi, dunque, dall’esposizione milanese? Una rassegna certamente non faraonica, non esaustiva, ma dove i Klimt da cartolina, i Klimt dorati e bizantini, non mancano: basti il trionfo policromo della Salomé acquistata nel 1910 dal Municipio di Venezia per la Ca’ Pesaro. Diecimila lire ben spese, diremmo col senno di poi, ma nel corso della storia non sono certo mancati gli avversatori del pittore viennese, accusato soprattutto di essere un “decoratore”, con tutto il pregiudizio di cui questo vocabolo poteva caricarsi. (altro…)
Archivio / Arte Contemporanea
Ogni cosa è illuminante
24 marzo 2014
Musica per i miei occhi. È difficile da spiegare, ma è come se la mostra di Kandinsky ti cantasse dentro.
Quadri già visti tra le pagine dei libri, in poster economici e sullo sfondo di qualche desktop. Tutto può essere, ma respirarci a due passi, per la prima o un’altra volta, è diverso. Poi dite se davanti a Gelb Rot Blau (Giallo‐Rosso‐Blu) non avete sentito anche voi una vibrazione. No, non è per fare il verso alla performer giustamente torturata da Jep Gambardella ne La grande bellezza, ma il quadro – sala inaspettatamente vuota, grata solitudine – emana qualcosa: vibrazione, brivido. Una piccola scossa dalla tela al petto, che frena solo perché c’è la schiena. Del resto, Vassily stesso aveva speso non proprio due parole sull’effetto psichico del colore. (altro…)
Pignon è partito
18 marzo 2014
A cavallo degli anni Novanta, essere una matricola a Napoli significava pure andarsene a spasso tra una lezione e l’altra, regalandosi spensieratamente all’aria e al sole. In primavera, poi, chi ci pensava più ai corsi di latino e filosofia. Le aule di Corso Umberto e di Porta di Massa erano a due passi dalla città antica, dove tra un bacio e una bancarella potevi imbatterti all’improvviso in quegli enormi… cos’erano? Disegni? Manifesti? Qualsiasi cosa fossero, facevano impressione. Perché erano grandi. Ma soprattutto erano veri, erano vivi.
Avere vent’anni a Napoli, allora, significava uscire dall’Università e incontrare quei pittori di cui avevano appena parlato i professori. Artisti che sui manualoni di storia dell’arte venivano talvolta liquidati in un trafiletto, e invece scoprivamo grandi, immensi.
Nascevano così amori disperati. (altro…)