Io nuoto. Nuoto nella sala di un cinema buio.
Io danzo. Danzo nella sala di un cinema buio.
Le mie labbra, i miei seni, le mie mani, i miei piedi danzano. I miei occhi, il mio respiro nuotano. Io nuoto e danzo rannicchiata nella mia poltrona, al caldo. E non chiudo gli occhi, non adesso. Li apro sull’azzurro e sui colori. Verde, marrone, bianco, giallo, rosso, blu. Sui miei occhi si stemperano le velature, dietro la mia nuca sbocciano mandala. L’acqua si spalanca sotto di me.
Ed io nuoto, e respiro.
C’è un bar sotto il mare, lasciato intatto e pulito il giorno prima. Bagliori sugli affreschi, come gli Achei graffiti su un vaso, in una caverna infuocata. Dalla vetrata filtra una luce rossa. Siamo nella città, nel suo cuore elegante e ricco. E ce la siamo lasciata alle spalle, la città con le sue vetrine di lusso. Le persone parlano sottovoce, qui. Qui nel bar sotto il mare, con le bottiglie composte, ordinato come se fossimo davvero tutti vivi. (altro…)
Archivio / Arte Contemporanea
The sound of silence
21 novembre 2011
Presenze, assenze, risonanze. Per riconfigurare i rapporti tra l’ambiente e ciò che contiene, e ritrovare nel suono la traccia del tempo. Capita così, a Genova, che la galleria si trasformi in un “iperstrumento” da accordare. Il colpevole è Marco Lampis, da Chan
Marco Lampis (Cagliari, 1976; vive a Berlino e Cagliari) non è un sound artist tout court. E, più che l’armonia, ricerca l’empatia. “Strumenti” da modulare sulla stessa vibrazione il corpo, lo spazio ed elementi propri della scultura minimal. Dal punto di partenza – i 4’33” di John Cage – alla creazione di un silenzio-presenza, l’allestimento mostra come dall’accidente possa nascere il rafforzativo concettuale. (leggi il resto dell’articolo su Artribune)
Il posto delle sagome
10 novembre 2011
Quoi dono lepidum novum libellum
arida modo pumice expolitum?
“Questo mi accade all’età di. E quest’altro ancora all’età di”. Va in rewind la ghiandola pineale di Raffaele Luongo, mentre fa il vuoto nella sua mostra. Corregge continuamente la sua natura complicata e toglie, toglie, toglie. Scavando nei suoi ricordi a piccoli, precisi tocchi di cutter, e impilandoli gli uni sugli altri, 492 volte. Tanti sono i fotogrammi di quel frammento del Posto delle fragole di Ingmar Bergman, in cui il dottor Isak Borg, durante una sosta dal viaggio in macchina nel luogo dove ha vissuto con i suoi fratelli, ritrova i suoi ricordi di bambino. (altro…)