La cosa bella della malattia è che, oltre a non perdere un pomeriggio ad inserire i dati Invalsi, posso guardare un sacco di tv. Di solito, accordo le mie preferenze a quei programmi che gli intellettuali teleguardoni, oppressi da occulta vergogna, cercano di sdoganare attraverso dotti ricami socio-psico-antropologici (recentemente, c’è cascato pure Massimo Gramellini).
È chiaro che una come me ci ha messo poco a finire tra le spire di “The influencer”. Pochi minuti ed ero già dipendente.
Per chi non lo sapesse, “The influencer” è un docureality bellissimo, che segue la vita bellissima di tre persone – due donne e un uomo – bellissime, che fanno un lavoro bellissimo. Cioè: indossare abiti – più o meno bellissimi – che arrivano a vagonate direttamente nel tinello, congelarsi in posa ad ogni angolo di strada, saltare da una sfilata all’altra, salutare un sacco di persone, scendere da una lamborghini e salire su un aereo, attendere come il Messia un invito di Prada. Il tutto postato a raffica sul proprio blog e su tutti i social possibili e immaginabili.
Nell’industria della moda, questi arbitri elegantiarum hanno l’intelligenza di produrre sogni per sé e per gli altri secondo una nuova (?) modalità; si circondano di manipoli di assistenti, truccatori, parrucchieri, fotografi, agenti, web designer, addetti alla comunicazione; disegnano linee di scarpe e costumi da bagno; diventano ambassador di case di moda e marche di cosmetici. Insomma fanno marchette ma con classe, e creano più posti del jobs act. Suppongo ci vogliano grinta, determinazione, buon gusto e soprattutto una salute di ferro, anche perché io, travolta dal riflesso di questo frullato di iperconnessione, lusso e bollicine, dopo dieci minuti avevo già voglia di togliere i tacchi (salvo poi ricordarmi che già languivo, scalza, sul divano).
Onorando il – mio – claim aziendale (“Nella vita bisogna studiare!”), mi sono dunque data a compulsare le biografie del terzetto, in un’estatica overdose di look e consigli che non avrei mai potuto emulare né seguire.
Poi, lampo di genio. (altro…)
Archivio / Il Blog
Rughe e arena
9 maggio 2017
Astenetevi, please, dal reputare la signora Brigitte Trogneux in Macron la paladina di una “rivincita” delle over anta, che darebbero i punti alle ventenni e alle trentenni per fascino, glamour, addirittura bellezza.
Ciò è patetico.
Nessuna pelle sarà mai fresca come quella in boccio, nessun corpo così compatto e prepotente di vita come quello di una persona giovane.
Ho quasi 45 anni, potrei impegnarmi di più a fermare il declino, ma cerco – con grandi sforzi – di non precipitare. Ho amiche più o meno coetanee fighissime. In palestra vedevo cougar fresche e toste coi completini di pizzo.
Ma non penso sia il caso di farne una bandiera. (altro…)
Maestri o professori?
11 maggio 2016
Emanava, anche a distanza, odore di capelli grassi. Portava tacchi alti, sottili. Le piaceva strizzarsi in abiti di lanetta. Ne aveva perfino uno rosso. La pappagorgia le spenzolava sui seni molli.
Era convinta di essere una gran bellezza. Ma la tragedia non era questa.
L’unica volta in cui non potei evitare di fare la strada con lei fino a scuola (in genere, se la vedevo da lontano, rallentavo il passo), mi parlò di sé. Disse che aveva iniziato a frequentare una piscina, ne lodava i risultati sul proprio corpo. Evidenti a lei fuorché a tutti. Io sudavo freddo, avevo i crampi alla pancia. Esattamente come quando entrava in classe e apriva il libro per interrogare. Un passo dietro l’altro, non vedevo l’ora che quella tortura finisse. (altro…)