Bernard Berenson – Caravaggio

14 settembre 2006

libri_monografie (abscondita 2006)

La parola arte esiste. Garantisce Bernard Berenson. Che, a oltre sessant’anni di distanza, qualche dubbio ce lo fa venire ancora. Partendo da Caravaggio…

Da leggere. O rileggere. Perché sarà pure datato, digressivo e descrittivo, sarà pure costellato di sviste e stroncature sbrigative, ma il Caravaggio di Bernand Berenson è uno di quei libri ai quali la definizione di “pietra miliare” non è certo regalata. Per la tempra, innanzitutto, e l’acume di un argomentare serrato e puntiglioso, talvolta pedante nella maniacale ricerca di ascendenze e parallelismi, ma scorrevole ed evocativo. Un testo non servile, lontano anni luce dalle monografie o dai romanzi che, dalla “riscoperta” novecentesca in qua, hanno costruito e foraggiato il mito del maudit da cavalletto. Un saggio che, fin dalle prime battute, ha l’aria di una tenzone fra due caratterini egocentrici: “Mi lascerò andare a dire qualsiasi cosa mi passi per la testa”, annuncia l’autore, divertendosi poi a stanare e sbeffeggiare le incongruenze di questo ritrattista “di natiche” che –tutto sommato– egli apprezza “più in fotografia che dal vero”. (altro…)

Architettura e urbanistica dell’età di Murat

6 settembre 2006

libri_architettura (electa napoli 2006)

Quando eravamo progressisti. Per davvero. Un riformismo a passo di carica, quello dei napoleonidi napoletani, cui bastarono dieci anni per cambiare i connotati alla città…

Tagliare l’istmo di Capo Palinuro per rendere più agevole la navigazione. Soluzione indubbiamente drastica, di quelle che qualsiasi piano regolatore oggi (probabilmente) boccerebbe. Eppure due secoli fa qualcuno ci provò, spinto dalla necessità politica e dal desiderio personale di far germogliare dal suolo di Napoli una nuova età dell’oro, ufficialmente principiata nel febbraio del 1806 e archiviata nei libri di storia alla voce “decennio francese”. A ripercorrere e sintetizzare i due lustri che cambiarono il volto della capitale del Mezzogiorno e, seppur in modo marginale, delle sue province è Marilena Malangone, ricercatrice presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II e autrice di un testo articolato, esaustivo e di agevole lettura. Partendo da un’opportuna contestualizzazione storica, il volume evidenzia come l’arrivo dei parenti stretti di Napoleone prima il fratello Giuseppe e poi il cognato Gioacchino Murat- segni una svolta radicale per la terza città più popolosa d’Europa, che fino a quel momento aveva conosciuto uno sviluppo irregolare e incontrollato, con pesanti ricadute sull’ordine –o, meglio, sul disordine- sociale, di cui neppure l’assolutismo illuminato e faraonico di Carlo III di Borbone era riuscito ad avere ragione. (altro…)

Fresco Bosco

7 luglio 2006

Padula (sa), Parco della Certosa

Tutto in una notte a Padula. Veglionissimo di San Giovanni a occhi nudi nel Parco, dove fischia il vento della Gesamtkunstwerk. Un lavoro certosino, con un Oberon (o Aragorn?) d’eccezione: Achille Bonito Oliva…

Venghino signori venghino. Il termometro saliva, l’estate divampava, ma al di là del muro e tra gli alberi spirava la brezza della fantasia al potere. Regista Achille Bonito Oliva, re per Una notte di arte totale –precisamente quella tra il 23 e il 24 giugno- del Fresco Bosco della Certosa di Padula. Primo risultato: aver attirato il popolo dei vernissage a 160 km e rotti dalla capitale del Vicereame. Secondo: aver riportato l’attenzione sul gioiello del Vallo di Diano e, soprattutto, sulla carenza di infrastrutture che lo condanna tragicamente all’isolamento, meta irraggiungibile se non con mezzi propri. Terzo con riserva: la risposta dell’“intero paese” che, se a valle affollava incuriosito la corte esterna della “casa bassa” e i loci ameni teatro dell’operazione, a monte, contrariamente agli auspici e al battage, dichiarava indolente la serrata, in un abitato silenzioso e spettrale. Vieppiù deludente l’inaccessibilità del magnifico complesso, dalla chiesa alle cucine, dai chiostri allo scalone ellittico, comprese quelle cellette dei frati in cui, promotore il medesimo ABO, negli anni scorsi si sono susseguite Le Opere e Giorni, recentemente acquisite nella collezione permanente della Certosa. Peccato davvero, perché una full immersion avrebbe integrato significativamente un progetto che, soprattutto nei momenti “live”, è stato inevitabilmente costellato di intoppi, ma che pure sul piano espositivo ha evidenziato qualche smagliatura. Perché, in definitiva, quello che avrebbe dovuto essere il punto di forza, ovvero il contesto, si è rivelato una buccia di banana, contenitore di un percorso dispersivo e a tratti mortificante: il parco ha infatti ridimensionato drasticamente anche soluzioni che, sulla carta, promettevano ben altro arrembaggio visivo, risolvendo la “mostra” in una serie di incontri con ospiti non tutti a proprio agio, vuoi per posizione defilata, vuoi per debolezza formale ed espressiva. (altro…)

silmon@mailxu.com