Antonio Biasiucci – Res

22 maggio 2006

Napoli, Pan

De rerum natura libro IV. Antonio Biasiucci ancora alla ricerca dei semi delle cose. Scenario, stavolta, i teatri di una guerra abortita. E nel silenzio, tra ferro, cemento, terra e fango, un solo sospiro: ricordati di me…

In latino è l’iperonimo per eccellenza. Per Antonio Biasiucci (Dragoni, Caserta, 1961), invece, Res è “semplicemente” un’altra tappa di un opus continuum che da vent’anni si snoda per cicli, cantiche di una cosmogonia tanto più allusiva e visionaria quanto più si sofferma sulla pelle e tra le pieghe delle cose: delle res, appunto, ma con l’anima, intrinseca o infusa. Immagini abbarbicate sulla diga sdrucciolevole dell’occhio, che slittano e sprofondano tra gli argini dell’interpretazione, in un viluppo di analogie, intuizioni e rimandi. Stavolta l’ambizione, paradossale e ispirata dal conflitto in Kosovo, era quella di parlare della guerra senza andare al fronte. Del resto, il sentimento della catastrofe non passa necessariamente per l’accecante fragore dei campi di battaglia, visto che nella plumbea asfissia delle metropoli e nel cavernoso respiro della Natura aleggia una pace sinistra, presaga della conflagrazione finale e memore di distruzioni remote. L’origine del mondo e il suo epilogo: tragedia di un ciclico day-after, colto tra Napoli e provincia. (altro…)

E se anche da noi…

17 maggio 2006
Quando accadrà anche da queste parti? Quando arriverà la bufera? Quando scoppierà la bomba? Quando salteranno i tombini? Quando cominceranno a venire fuori i segreti di Pulcinella? Chi è, o meglio, chi sono i “Lucky Luciano” dell’art-system? 

Tanti se lo staranno chiedendo, in questi giorni, mentre divampa il caso Moggi. Lo scandalo è di quelli grossi, ma certamente non distruggerà il tempio del Dio Pallone, sulle cui are continuerà a bruciare l’oppio di popoli alla cui truffata buonafede è davvero molto, molto difficile credere. Del resto, come ebbe a scrivere Leonardo Sciascia -uno che di “cupole” se ne intendeva- “l’Italia è un paese senza verità. Ne è venuta fuori, anzi, una regola: nessuna verità si saprà mai riguardo ai fatti delittuosi che abbiano, anche minimamente, attinenza con la gestione del potere”. E tutti noi, dall’editorialista del Corsera al pescivendolo del mercatino rionale, sappiamo -e perfino speriamo, con una fame e sete di giustizia che sa di sciacalla e vendicativa trepidazione- che potenzialmente ce n’è per tutti. Perché l’ex direttore generale della Juve non è soltanto il manovratore, ma l’attore (di spicco, certo, ma non monoloquente… intercettazioni docent) di un teatrino che ha tante, tante altre marionette. (altro…)

Thomas Hirschhorn_The green coffin

26 aprile 2006

Esorcismo collettivo dopo inferni di terrore e purgatori diplomatici. Instrumentum regni per mostrare i muscoli sul ring della politica. Corteo carnevalesco, col carrozzone di cartapesta che sfila tra la calca schiamazzante. Perché cosa c’è di più grottesco di un funerale senza il caro estinto? Queste e tante altre considerazioni dovettero affacciarsi nella mente di Thomas Hirschhron (Berna, 1957), di fronte alle solenni esequie di Yasser Arafat nella striscia di Gaza, in cui il feretro senza morto sembrava scivolare su invisibili cuscinetti a sfera. Riflessioni concretizzate in questa variazione sul tema-bara, affrontato contemporaneamente anche nella personale in corso ad Hannover, optando qui per una nuance a dir poco attuale, drammaticamente attuale: verde Hamas. Ed ecco la cassa far da grancassa agli umori della folla sottostante, che annaspa, spinge, sorregge o minaccia di schiantarsi sotto il peso di quel sarcofago vuoto sì, ma zavorrato col fardello del Mito e tutto il superfluo indispensabile. Un miracolo che, nel tumulto della processione, quel bazar non scivoli via dal coperchio inclinato, dov’è disposto in elvetico equilibrio. (altro…)

ivanoff_siu@mailxu.com rydolph