Le sconfessioni di un italiano

25 maggio 2011

Il Risorgimento, visto al rovescio e di sbieco. Una mostra “anti”, nell’anno del Centocinquantenario e nella Prima Capitale. Briganti ritrovati, simboli rivisitati e “un funerale dentro un funerale”, per raccontare un’Italia ritrovatasi di colpo da Giardino d’Europa a Repubblica delle Banane. Poche opere, e una domanda che serpeggia: fu vera gloria?

 

Gabriele Arruzzo_ Ritratto del brigante Terenzio Grossi (1832-1860)_ 2011_ smalto e acrilico su tela_ 180x150 cm_ courtesy Alberto Peola, Torino

Mancavi da Torino dal 2007 e ti ripresenti con un brigante. Come biglietto da visita non c’è male…

Grazie! Sai, questa è stata una delle prime opere a cui ho pensato per questa personale, che nasce dal contesto dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, e a Torino questa cosa si sente molto di più che in altre parti del Paese. Anzi, il contesto è proprio il pretesto per questa mostra. Nel 2008 avevo già fatto dei lavori che avevano come punto di partenza questo periodo storico e in questo caso il brigante è l’anti-eroe risorgimentale. In particolare Terenzio Grossi e la sua banda, all’alba dell’unità d’Italia, terrorizzavano i dintorni della provincia nella quale vivo, quella di Pesaro e Urbino, ma allo stesso tempo furono anche usati dai piemontesi per creare nelle stesse zone dei tafferugli per accelerare lo scontro tra Savoia e stato della Chiesa. Nella tradizione popolare, le sue imprese vengono tuttora narrate dagli anziani, specialmente dai contadini, con un misto di condanna e reverenza. Anche mio nonno, per esempio, me ne parlava, come avevano fatto i suoi nonni con lui. Prima di cominciare a dipingere, mi sono documentato sulla sua vita e sono andato negli stessi posti dove la sua banda si rifugiava, posti che, nonostante il secolo e mezzo passato, sono rimasti sostanzialmente gli stessi di allora. Mi piaceva questa idea di fermare la tradizione pittorica che vuole il brigante sempre colorato e naif, ho scelto invece di dipingerne un ritratto in scala 1:1. Il quadro poggia a terra, perché sia possibile percepirlo quasi come una sorta di specchio. C’è questa losanga nera che copre il volto di Grossi… non lo so, ho pensato a Lombroso, alle sue teorie che hanno legittimato scientificamente la “conquista” del Sud da parte del Regno di Sardegna… non volevo dargliela vinta ancora una volta! (ride). Poi, di Grossi e della sua banda non esistono fotografie… e quindi mi piaceva questa sorta di auto-censura, come se questo fosse l’anti-ritratto di un anti-eroe. (altro…)

Luca Caccioni ha le carte in regola

23 maggio 2011

2011 Odissea nello spazio. Lo spazio è quello di Eventinove, a Torino. E a un episodio del poema omerico si ispira il “Rito Rosso” di Luca Caccioni, in mostra fino al 14 giugno

Lo vedremo al Macro, alle Stelline, poi a Saint-Etienne. Nel frattempo, Luca Caccioni (Bologna, 1962) fa tappa a Torino ispirandosi ai lotofagi, mitico popolo omerico che si cibava del dolce frutto dell’oblio. E caldi e flou sono gli oli (di papavero: un caso?) e i pigmenti espansi in onirici globi sulle stratificazioni di vecchie scenografie teatrali, memorie salvate. (leggi il resto dell’articolo su Artribune)

 

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