Pensate a un libro antico. E immaginate di aprirlo, a caso. Qual è il primo colore che vi viene in mente? Giallo. Beige. Tinte organiche, in un campo di bianco caldo: questa la descrizione che Nunzio Paci sceglie per decifrare la signatura rerum, dottrina rinascimentale tesa ad individuare analogie tra molteplici e diversi aspetti del Cosmo. Figure che sgorgano, si incrociano, saldano e, letteralmente, si diramano. Sovrapposizioni e innesti fisiologici come manifestazioni dell’unica “bella d’erbe famiglia e d’animali”, in cui arrivi e partenze si dissolvono reciprocamente, ad accompagnare la naturalezza dell’ibrido, fermandosi un attimo prima dell’invenzione araldica: nell’opus continuum, il tratto ricerca armonia e costruzione, e la lacrima della colatura smussa la forza spigolosa di ossa, rami stecchiti, fasce muscolari. In filigrana, il ricordo dei disegni leonardeschi. (altro…)
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Extrema ratio
11 marzo 2013
Improbabile, ma non impossibile. Al di là dei tumulti della Storia, è il caso a governare la vita dei mortali. Il colpo di testa. L’imprevisto, talvolta bizzarro. Questa la filosofia che lega i lavori di Marco Porta, in un percorso composito cui fa da sottotesto una certa indolenza bucolica, una dolcezza da favola pastorale che, quando sta volgendo all’occaso malinconico, scarta di lato con ironia. Sarà per l’introitus, accompagnato dai campanacci che risuonano per l’elegante scalone, facendo subito détournement; sarà per il confronto con il contenitore, il settecentesco Palazzo Natta-Vitta, dal quale l’artista riesce a non farsi “divorare”. Banco di prova il bellissimo salone, dove tre “oggetti” definiscono altrettante possibili chiavi della mostra: natura, oscillazione (fisica e metaforica), artificio. Poliedri come cespugli costruiti di rose variamente addensate e caduche, tra geometria quattrocentesca e vanitas barocca. Un nodo di mani pende dal soffitto, spigato di rami e, chissà perché, pur in un ambiente così mondano ed incongruo viene in mente una variante potenziata dello stemma francescano.
Earth art: forza primigenia, nel fuoco che fonde il bronzo e soprattutto nei “prelievi” diretti dalla terra. Sassolini di sterco, organizzati in forma di cornici: che lungo i sentieri agresti si trovino sistemati così razionalmente è difficile, ma… si può escludere del tutto?
Analogamente, gli insiemi aleatori si raggruppano nelle grandi tele dove, sulla preparazione bianca che lascia a nudo il cammino del pennello, un creatore stravagante ha sparso manciate di minuscole mosche, “accerchiate” come una coltura in vitro o disposte in organizzato corteo. Le avete mai viste così? Eppure, potrebbe accadere. Remote, misteriose epifanie. Per incidente statistico, scherzo di natura.
Più narrativa la tranche della mostra accessibile dal cortile, nella quale meglio si avverte l’energia del flusso, esplicitato dalla presenza dell’acqua. La grande vasca rotonda potrebbe evocare, esteticamente, alcune installazioni di Mona Hatoum e di Anish Kapoor, dove la circolarità regolare e perfetta asseconda la monotonia del sempre. Il dito bronzeo di Porta, invece, ruotando traccia, sul pelo della superficie liquida, figure deviate in spirali. Movimentare lo stagno del tempo è dunque una fatica di Sisifo? I “corsi e ricorsi” sono il disegno a mano libera di un motore immobile, ma illogico? Un soffio di lepida anarchia che dura l’attimo di una contraddizione: il rivo, irreggimentato in vasche, prelude al trionfo mimetico del tronco, dondolante nell’abside del punto di fuga. Più vero del vero, ma solo all’apparenza. Aere perennius, ma altalenante.
Marco Porta_ Abito il sogno che mi abita_ Casale Monferrato, Palazzo Natta-Vitta. A cura di Luigi Cerutti
(3 marzo – 5 maggio 2013)
Lacrime e sangue
4 marzo 2013
Uno spettro si aggira per Milano. Canini aguzzi, mani adunche, mantello dal bavero rialzato. Oppure no: sguardo magnetico e pelle diafana, come gli eterni ragazzi di Twilight. Poche figure come il vampiro hanno mostrato una versatilità estetica pari al numero delle metamorfosi tradizionalmente attribuitele. E così il predatore delle tenebre dapprima ha abbrancato l’immaginario popolare, poi la letteratura, infine il cinema (compreso quello porno). Ma, in questo plotone di succhiatori maschi e femmine, spicca soprattutto lui: Vlad III Dracula, il voivoda di Valacchia che per rappresaglia mise a ferro e fuoco la Transilvania senza risparmiare proprio nessuno e che, secoli dopo, alla fama di sadico guadagnatasi in vita avrebbe aggiunto quella di condottiero delle legioni dei non-morti, grazie al capolavoro di Bram Stoker. (altro…)