Onu, Fifa… acronimi che hanno fatto la storia, e che scandiscono il presente. Determinando le nostre vite, anche – e soprattutto – senza coinvolgerci in prima persona. Ma quanto conosciamo, “fisicamente”, lo spazio del Potere? È la domanda che Luca Zanier pone nel ciclo “Corridors of power”, in mostra fino al 4 novembre presso la galleria PrimoPiano in via Foria. Il fotografo svizzero entra in luoghi generalmente inaccessibili, o poco noti (il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la sede della Regione Lombardia, la Bundeshaus di Berna), o in sedi di partiti e sindacati. E li immortala deserti, gelidi. Luci potenti, colori accesi, quasi fastidiosi. Come a voler tenere ulteriormente lontani individui che il Palazzo soverchia con l’imponenza delle sue architetture, accentuata dall’assenza. Edifici realmente, e metaforicamente, svuotati: d’importanza o di umanità? (altro…)
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Vita dei campi
1 novembre 2014
Oh patria mia, mai più ti rivedrò!
Mai più! mai più ti rivedrò!
O cieli azzurri o dolci aure native
Dove sereno il mio mattin brillò
O verdi colli o profumate rive
O patria mia, mai più ti rivedrò!
Mai più! no, no, mai più, mai più!
L’aria di Aida per leggere Segantini?
Tentar non nuoce.
La patria, prima. Giovanni Segatini (non è un refuso, ma il suo cognome originario) è un apolide. Nasce ad Arco Trentino suddito del kaiser, ma, nonostante tutti i suoi sforzi e la “dimissione del nesso di cittadinanza austriaca”, non riuscirà mai a diventare italiano. Un’inadempienza burocratica milanese lo condanna di fatto ad un limbo giuridico, aggravato da una condanna a morte per diserzione, accusa dalla quale verrà assolto solo post mortem dall’imperatore Francesco Giuseppe. Anche l’altra patria, però, l’Italia, non si dimostra particolarmente generosa con lui, visto che la prima grande retrospettiva gli viene dedicata solo nel 1926 durante la XV Biennale di Venezia, cioè ventisette anni dopo la sua morte, provocata da un attacco di peritonite. (altro…)
L’Ottocento a tutto tondo
1 novembre 2014
Il bello, il vero e… lo smart. Sono quasi 250 le opere che, fino al prossimo 31 gennaio, negli ambienti del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore racconteranno – “in presenza” e in digitale – la storia della scultura partenopea tra la seconda metà del XIX e gli inizi del XX secolo. Ambizioso il progetto che, nelle intenzioni della curatrice Isabella Valente, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università federiciana, “risponde all’esigenza critica di riportare alla luce quel paesaggio artistico che andò formandosi tra secondo Ottocento e primo Novecento, le cui tracce sono rimaste sepolte troppo a lungo, a margine della storiografia e tralasciate dalle occasioni espositive” (risalgono infatti al 1997 “Civiltà dell’Ottocento”, tra Capodimonte e la Reggia di Caserta, e al 2009 la retrospettiva di Vincenzo Gemito a Villa Pignatelli). (altro…)