Una “Sirena” da guardare

2 dicembre 2015

2Tappò le orecchie con la cera ai suoi compagni, ma lui, pur legato all’albero della nave, volle udire il loro irresistibile richiamo. Il visitatore della mostra da Umberto Di Marino (via Alabardieri 1, fino al 2 dicembre) è invitato a calarsi nei panni di un novello Ulisse e, con un piccolo scarto sensoriale, a guardare anziché ascoltare il canto della “Sirena” di Ana Manso e André Romao. Un progetto che, proprio nella città della leggendaria Partenope, associa due coetanei (entrambi nati nel 1984 a Lisbona) dalle inclinazioni poliedriche, che mantengono armoniosamente distinte le proprie identità. In mezzo ai freschi colori marinari dei wall drawing di Manso, e alle sue tele cariche di blu, giallo e rosa carne, il contrappeso è dato dal bianco e nero delle fotografie di Romao: conchiglie, allusive alla sfera sessuale, che si stagliano contro corpi nudi. Il riferimento alle creature metà donna metà pesce – anche se, a onor del vero, il mito originario le vedeva come uno spaventoso ibrido tra umani e uccelli – si allarga fino a trasportarne la carica seduttiva e la loro doppia natura di mostri e incantatrici nel campo della politica. Gli artisti lusitani recuperano infatti, in un filmato d’epoca, un’intervista ad un’esponente degli “indiani metropolitani”, movimento nato negli anni Settanta che propugnava una controcultura creativa e non una contestazione “di piombo”: un’alternativa attraente, ma forse anche utopistica, irreale come – appunto – il canto delle sirene. L’esposizione passerà poi il testimone a Francesco Jodice, penultimo nel calendario di eventi organizzati per il ventennale della galleria, nata a Giugliano e dal 2005 nelle adiacenze di piazza dei Martiri. ”Cronache” è il doppio appuntamento che propone una personale indoor (dal 10 dicembre) e la proiezione di due video – tra cui “Atlante”, recentemente visto nella splendida “Proportio” presso il veneziano Palazzo Fortuny – al BAD di Casandrino, sede della Bunker, azienda che fin dai primi passi ha supportato le scommesse e anche le idee più stravaganti della scuderia Di Marino. Poco prima di Natale, invece, Alberto Di Fabio, in occasione della presentazione del catalogo “Galassie sul Castello”, inaugurerà a Sant’Elmo un wall drawing, siglando così “ten more ten” anni di passione e fatica.

(Articolo pubblicato sul Roma, 2 dicembre 2015)

Coppia d’assi da Artiaco

23 ottobre 2015

Liam Gillick_Galleria Alfonso Artiaco 2015
È un abbinamento sottile quello che ha inaugurato la stagione di Alfonso Artiaco. Negli alti ambienti di piazzetta Nilo, Liam Gillick ha disseminato sugli architravi delle porte una serie di statement, in cui il cambiamento di senso è dato dalla sostituzione di una parola o di un paio di lettere: “the thought style quells the thought collective / lo stile di pensiero calma il pensiero collettivo”; “the thought style stalls the thought collective / lo stile di pensiero blocca il pensiero collettivo”; “the thought style hails the thought collective / lo stile di pensiero chiama/saluta il pensiero collettivo”; “the thought style exhales the thought collective / lo stile di pensiero espira il pensiero collettivo”; “the thought style veils the thought collective / lo stile di pensiero vela il pensiero collettivo”. Non sembra casuale la collocazione scelta dal 51enne britannico, come se le aperture dello spazio fossero, simbolicamente, l’invito più adeguato a connettere in modo flessibile gli elementi di minima sorpresa dei testi, tenendo insieme sia la sostanza del messaggio che il piacere intellettuale del calembour; al contempo, la pura linea grafica richiama per contrasto i motivi decorativi che un tempo arricchivano stipiti e sovrapporte (com’è del resto evidente in alcune stanze della galleria). Risentono invece dell’eredità modernista le sculture, segnate da uno sviluppo del quadrato talvolta declinato nei colori primari, in un’alternanza di vuoti e pieni che rafforza la riflessione sul concetto stesso di struttura.
L’altra metà della coppia inaugurale non ha bisogno di presentazioni: Joseph Beuys. Del 1964 è “Untitled”, una base in gesso e rettangoli di cartone pressato e verniciato di rosso. Nacque invece nel 1973 come “grande oggetto” autobiografico “Die Leute sind ganz prima in Foggia”, composta da 79 fogli di carta o frammenti di foglio, sui quali l’artista tedesco operò con macchina da scrivere, timbri e matite colorate, progettando egli stesso la forma e il colore delle cornici in legno. Due pezzi d’antologia, per un tributo ad uno dei padri del Novecento.

(Articolo pubblicato sul Roma, 22 ottobre 2015)

Storie d’arte sul grande schermo

15 ottobre 2015

MAN RAY, 2 bis rue FérouVenti. È una cifra tonda di tutto rispetto quella delle candeline che spegnerà quest’anno Artecinema, tradizionale appuntamento d’autunno per i patiti, gli appassionati e, perché no, i neofiti delle arti del XX e XXI secolo. Al timone, come sempre, l’ideatrice Laura Trisorio, che ha distribuito su quattro giorni documentari in lingua originale (tradotti simultaneamente in cuffia), molti dei quali in prima nazionale. La formula resta invariata, così come la cornice che da qualche anno ospita la serata inaugurale: stasera il sipario del Teatro San Carlo si alzerà su “Art War” di Marco Wilms, indagine su musica e graffiti come strumenti di contestazione nell’Egitto del dopo Mubarak; diversamente impegnato è “Jeff Koons: Diary of a Seducer” di Jill Nicholls, ritratto di un genio della provocazione e ottimo imprenditore di se stesso, a capo di uno studio-azienda dal fatturato miliardario. (altro…)

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