Ovvero appunti olfattivi dalla 54. Esposizione Internazionale d’Arte
L’acqua putrida dei rii. Il fortore di urina nei sottoporteghi. Le zaffate di pesce e di fritto dai ristoranti. I bucati che ridono alti, in quella minuscola calle dall’Arsenale ai Giardini e ritorno. Venezia è una mappa di odori, e la Biennale non sfugge. Tra i ricordi: l’impasto fresco e pungente del Padiglione Argentina; gli incensi sottili di quello cinese; quello, rurale e penetrante, del sottoscala russo. Su tutti, la siepe di gelsomino che abbraccia i giardini. Un profumo maiuscolo e arabo, che consola all’uscita, finalmente inebriati.