L’annuncio era preludio alla gita, promessa d’avventura.
Senza l’anonimato dell’autostrada, la monotonia delle uscite.
Jammuncenne pe’ bbascio era l’escursione in città e quartieri che sfilavano uno dietro l’altro, coi cartelli corrosi dalla ruggine a confondere confini inesistenti e indecisi.
Jammuncenne pe’ bbascio voleva dire scivolare per un tratto nella provinciale punteggiata di luci malinconiche, che t’aggredivano come lo spleen di Capodanno, aria bruciata dai botti e stomaco inacidito.
Per chi nasce dalle mie parti è difficile immaginare città staccate, isolate, circondate dal nulla o da campagne a perdita d’occhio, zone industriali, dolci colline, pianure coltivate a riso e pioppi. Chi nasce dalle mie parti vede il Vesuvio, e quella è la natura. Ma se te ne vai pe’ bbascio il Vesuvio lo aggiri. Come al solito. Perché poi, pure se ci campi sotto, il Vesuvio pare che non esiste finché non lo vedi casello casello. O dal finestrino del treno. O dell’aereo.
Tu viaggi, ti muovi, fuggi, e lui sta sempre là. Ti aspetta. Aspetta. (altro…)