“Sì sono acquarelli, su carta satinata e perlopiù di 300 gr…”. 300 grammi. Massaioli la butta subito sul peso. La consistenza, la gravità che ti trascina verso la terra. Eppure sono leggere come veli di sposa queste sue opere, dove i personaggi volteggiano nel bianco come piante acquatiche nei paesaggi sonori di Debussy.
E la bilancia – il peso, la misura del peso – oscilla: carico d’oro è uno dei piatti, ma il prezzo del riscatto è truccato, ché qui i conquistatori son due. E ogni volta, maliziosi, si espongono da un’angolatura diversa mentre il segno impennato del sesso, pur netto, si perde nella grazia d’amore. Amore che era lì, sull’altro piatto, ed è appena volato dappertutto. Il vuoto, libero, librato, canta intorno all’abbraccio, ardente e pudico. (altro…)
Tag Archives: Andrea Massaioli
Diritto di voto
14 novembre 2012
Liquido, fluido, leggero. Sui fogli buttati quasi a caso sulla parete, si ricompone il San Luca del Guercino. Emerge da un bizzarro viluppo metamorfico, dove la testa del toro – attributo iconografico del santo – si acquatta nel nodo molle delle lumache, con i corpi stirati in ogni direzione a far da contrappeso all’evangelista. Che sale come la fiamma di una torcia, mentre il mantello gli turbina addosso.
E il gesto deittico, astratto dalla rappresentazione originaria (in cui Luca indicava il dipinto della Madonna col bambino), si fa rigido, ermetico. Acquistando, nel vuoto metafisico punteggiato da una panspermia di gocce dorate, un senso altro. Dove la raffigurazione della Vergine si dissolve in un prezioso spirito decorativo, in un’intuizione poetica che propaga e disperde la vibrazione del punto di partenza: l’energia (bi)sessuale della terra, incarnata dai molluschi striscianti. Sacro e profano, per distillazione.
E si è rarefatto lo stile di Massaioli, svincolandosi da un simbolismo pittorico cromaticamente campìto, per un esito tramato di vuoti e trasparenze. Un’oscillazione qui evidente nello slittamento tra visione perspicua e allusioni nascoste, approdo di un intenso lavoro preparatorio.
Ebbene, chi indovinerebbe che questo quadro, che semplifica polemicamente la monumentalità incombente delle pale d’altare; che lavora esclusivamente su blu di prussia e cadmio per non gravare sugli occhi; che omaggia la pittura attraverso il suo “accademico” patrono, mettendo però sul piatto pesante della bilancia il disegno; chi indovinerebbe, dunque, che questo quadro è attuale e politico?
Perché, in un momento di crisi, l’arte è un lusso. E agli artisti, che Arte non riescono ad essere (sono di moda altri Medioevi, oggi), non resta che accendere un cero votivo, feriale, davanti a un’icona-creata da loro. Una candela che sa di quotidianità del mestiere, e di ironica invocazione.
Meglio dunque votarsi ad un santo. Di questi tempi – pare – l’unico voto pulito ed efficace.
Testo per la mostra Na. To. Il presente dell’arte_ a cura di Alessandro Demma. Torino, Ex Manifattura Tabacchi
(8 – 11 novembre 2012)
Eroi eroine
12 luglio 2010
Rivalta (to), Castello
Segni che non lasciano traccia. Nella società delle icone-fast food e degli eroi per un giorno, l’arte prova a fare il punto della situazione. Chiedendosi se esista ancora il potere dell’immagine…
Quando un progetto è in rodaggio, la prudenza non è mai troppa. Accade così che a Rivalta si ripeta l’impostazione con la quale, lo scorso autunno, l’articolato castello locale entrava nella partita culturale della cinta torinese. Collettiva bis, e trait d’union col passato la “riconvocata” Maura Banfo, che si sdoppia facendo da madrina all’apertura delle scuderie col video-pendant di una serie fotografica, in cui un vecchio libro di fiabe sfogliato da mani rugose pare invitare lo spettatore a varcare lo specchio, come Alice nel Paese delle Meraviglie.
Perché le proposte sono tante, se non per quantità per varietà, in una mostra avvolta intorno a un enunciato complesso, ma a rischio dispersione nella sua traduzione espositiva. Una riflessione sulla bulimia di immagini, che oggi assurgono facilmente a simulacro e altrettanto in fretta, dopo uno sfruttamento intensivo, si sgretolano, fino -per dirla con Baudrillard – alla “sparizione dell’arte”.
Ed è proprio al punto di svolta del XX secolo secondo il teorico francese – la Pop Art – che afferisce uno dei filoni del percorso. Pop è Mary Sue, che bamboleggia equivoca con un enorme bon-bon, ironizzando sui cliché femminili. Pop è il lightbox di Hung Tung-Lu, opportunamente collocato sull’altare della piccola cappella, dove Sailor Moon si staglia contro una pala gotica. Pop è Roxy In The Box, che ridipinge statue devozionali con i panni dei supereroi dei comics non per contraffazione blasfema, bensì per glorificarne e attualizzarne i Pow!-ers. Dissacrante è invece Diego Scroppo, cui basta rovesciare l’insegna di una farmacia per capovolgere contemporaneamente simbolo e senso. (altro…)