Davide Le Grazie

28 giugno 2010

Torino, Marena Rooms

Ampi spazi e campiture piatte sullo sfondo. Decorativismo e iperrealismo in primo piano. Ecco i primi due “livelli” di una mostra che mixa iconografia antica e codici visivi contemporanei…

Domandina oziosa: potrebbe Davide Le Grazie (Torino, 1972) scalare l’Olimpo dei “giovani” aureolati, quelli che mietono premi e mostre in fondazioni potenti, e magari s’arrampicano su su fino a qualche bi-triennale? Di primo acchito – e nonostante un paio di buoni piazzamenti in curriculum – la risposta sarebbe un sonoro: no. E non tanto per oggettive ragioni anagrafiche, quanto perché la sua pittura è troppo “pittura”, troppo devota alla perfezione della resa. Calligrafia snobbata dai palati trendy. Per giunta, l’artista non ha avuto la prontezza di indossare la casacca del Pop Surrealism o del Low Brow, altrimenti sarebbe stato promosso in una categoria più up-to-date di quella dei “nuovi pittori della realtà” (ma perché bisogna per forza dare del “nuovo” anche all’intramontabile?), così acrimoniosamente bypassati dalla critica di sistema. Ad ogni modo, l’interrogativo resta comodamente a disposizione del pubblico, tale e quale ai Layers-livelli proposti da questa personale che, nella Torino austeramente minimal-poveristaconcettual-sandrettiana, stupisce alquanto col suo carnevale di colori accesi. (altro…)

Caravaggio e l’arte della fuga

24 giugno 2010

Genova, Villa del Principe

Proseguono le celebrazioni per il quarto centenario della morte di Caravaggio, pittore “egregius in Urbe” e… altrove. Stavolta toccata e fuga a Genova, nella splendida Villa del Principe…

Tanto vale rassegnarsi all’overdose. Perché, accanto alla mostra dei record alle Scuderie del Quirinale, il quarto centenario della morte di Caravaggio ha preso varie diramazioni, costringendo a un assiduo turn over il ceppo principale. Proprio dalla rassegna capitolina è stato infatti prelevato anzitempo il Riposo durante la fuga in Egitto, cardine di un itinerario segnato dal “difetto” di molti dei progetti inneggianti al Merisi: ovvero il Maestro -spesso presente con un solo dipinto – e, dopo di lui, il diluvio. Eccezionale il palcoscenico: la Villa cinquecentesca di Andrea Doria, “principe e pirata”, a due passi dal porto e dalla stazione. Affreschi di Perin del Vaga, decori manieristi (martoriati da secoli di rivoluzioni, saccheggi, guerre), arredi ricercati, pregevoli tele, logge e giardini… chapeau! Meno memorabile, invece, il percorso rigorosamente di genere e giocoforza monotono – che, tra il pittoresco, il sublime e il documentario, ripercorre le ville, i casini di delizie e le collezioni della famiglia romano-genovese, da Pegli al Gianicolo, da Anzio e Nettuno ad Albano, con tanto di marine (tra cui quelle di Agostino Tassi), rovine e scorci agresti. Chiari l’impegno e l’impostazione, non così l’audioguida, talvolta farraginosa nel tener separata la descrizione delle sale da quella dell’esposizione tout court. (altro…)

Adriano Eccel

5 marzo 2010

Torino, Weber & Weber

Carol Duval… chi era costui? Dietro il nom de plume scelto dall’artista, il cronista e lo storico si sovrappongono. Per inquadrare il cammino dell’umanità e, parallelamente, quello della fotografia…

Carol Duval c’est lui, Adriano Eccel (Bolzano, 1956; vive a Trento): archivista la creatura immaginaria, raccoglitore di frammenti il creatore reale. “Sceneggiatore” quest’ultimo di una storia dell’umanità in 22 tavole, dipanata in accordo con i progressi registrati nel campo della fotografia (da qui l’eteronimo inconfondibilmente francese, omaggio alla madrepatria del mezzo). Un percorso criptico e sofisticato, con un segno pittorico forte, evidenziato dal senso compositivo – che, facendo di necessità virtù, equilibra spesso le opere in sequenze tripartite, rispondenti più a un criterio espressivo/narrativo che puramente formale – e cromatico di immagini ottenute non senza una certa laboriosità. Primo stadio la selezione di materiali d’epoca, una vera e propria “caccia al tesoro” necessaria per costruire il soggetto. Nel secondo stadio si precisa la tecnica: la manipolazione di una Polaroid -ormai essa stessa nostalgico reperto -, lasciata “decantare” fino ad assumere quel tono rugginoso che dà agli scatti un’aura d’antan (e vagamente macabra, visto il frequente indugiare su riferimenti alla morte), trasportando così nel passato anche eventi più recenti, come l’attacco dell’11 settembre. Si parte ab ovo, con i progenitori Adamo ed Eva acefali come statue antiche, nudi fino all’osso. (altro…)

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