Go east!

12 settembre 2007

biennale_padiglioni

Dalla Russia con amore. Un luna park per riflettere sul lavaggio mediatico del cervello. Ma dopo la Doccia il diluvio. Perché, mentre la Polonia sta in una botte di ferro, tra poverismo e povertà serpeggiano grande depressione e grande freddo. Per fortuna c’è Pinchuck…

Retaggi di un socialismo delabré o rinsaccate varianti d’un più contemporaneo minimal spleen, non tutti i venti dell’Est soffiano freschi e impetuosi. È il caso della neghittosa personale nel Padiglione Ungheria dell’oriundo Andreas Fogarasi, autore di un opprimente allestimento che, mentovando la costruzione di essenziali microcinema, sparpaglia in angusti cubicoli severamente sconsigliati a claustrofobici e obesi una serie poco smagliante di reportage sui centri culturali di Budapest oggidì. Annoiati e imprigionati, depliant maccheronicamente tradotto alla mano, si finisce per giunta col chiedersi quanto sia stato opportuno “riciclare” per l’occasione un lavoro già esposto lo scorso inverno nella galleria viennese Georg Kargl Box. Dalle “scatole nere” magiare alla “casa bianca” ceca e slovacca, stessa impaginazione respingente, nell’algido ambiente in cui Irena Juzovàricalca se stessa tramite immacolato silicone. Una prova senza macchia d’originalità, in linea con un datato esercizio di autocoscienza corporea congelato in una macabra allure. (altro…)

Cilicio, calvario ed espiazione

24 luglio 2007

biennale_opinioni

Un debutto in pompe funebri più che in pompa magna. Robert vo’ fa l’americano, e ai blocchi di
partenza si blocca sui blocchi. Usa – Urss. Ancora loro…

 

Chi siamo? Dove andiamo? Sembra chiedere, nero su bianco, il grande punto interrogativo sui palloncini di Hiroraren (memento) Mori. Non vi arrovellate, risponde la mostra del curatore, perché, cristiani o musulmani, atei o jainisti, pittori o videomaker, una cosa è certa: finiremo tutti quanti là. Naturalmente, una volta abbandonata la valle di lacrime che Storr ci ricorda con trappista implacabilità, alla faccia di un titolo che ai più superficiali tra gli spiriti, fuorviati dalla parola sensi, lasciava già pregustare colte e squisite mollezze da Decadenza. L’evidenza è invece un cingolato cigolante che, tra soluzioni déjà vu e approcci datati, procede nell’Arsenale (militare) su uno sterrato dissestato e spesso inutilmente tortuoso. A partire dall’eccessiva durata di alcuni video, punitiva e irrispettosa tanto per il pubblico – oggettivamente impossibilitato a trascorrere la maggior parte della giornata di fronte a filmati lunghi fino a 90’-, quanto per gli artisti, condannati ad essere “fruiti” in modo parziale e approssimativo. Ancor più ridondante è l’atmosfera engagé (e spiccatamente bellicista) che, non senza punte di stucchevole retorica, aleggia come una cupa nuvolaglia, resa ancor più soffocante dall’abbassamento della cortina di ferro. (altro…)

Giacomo Montanaro

24 marzo 2007

Napoli, Castel dell’Ovo

La forma dello spirito. La sfida dell’invisibile. Le pulsioni premeditate e i bollenti spiriti di Giacomo
Montanaro, proiettato tra il tormento e l’estasi verso i suoi fantasmi elettrici…

La febbre, l’attacco. È un accesso di sana follia l’urgenza del gesto di Giacomo Montanaro (Torre del Greco, 1971): ogni quadro una performance, un atto liberatorio, ma soprattutto una corsa contro il tempo e la materia. Disseminati nella prima personale napoletana una dozzina di frutti maturati nell’ultimo anno, velocemente ma non in fretta, in seguito ad un progetto mentale che ogni volta si concretizza con straordinaria rapidità in una pittura emotiva. Purtroppo, a smorzarne l’impatto s’intromette la location: prestigiosa sì ma soverchiante, causa di una certa dispersione visiva e psicologica, riparata dall’efficacia dei due lightbox posizionati nei punti più oscuri, quasi emblemi del germe oscuro di un’esecuzione che estrae chimicamente il balenio della figura dalle tenebre dell’ignoto. Rispetto al passato, più ordinata e ponderata, e non priva di una certa propensione sequenziale, è la composizione delle opere, alcune delle quali echeggiano il pathos pregnante di citazioni illustri (La cacciata di Adamo ed Eva di Masaccio), altre, come rilievi di sarcofagi, sembrano pronte al salto verso la tridimensionalità, svelando così la retrostante mano dello scultore. Scultore per formazione, Montanaro, nonostante (altro…)

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