A mostre così un tempo si era abituati. Ma sono passati troppi anni da quando, tra Castel Sant’Elmo e Capodimonte, venivano inanellate rassegne su Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Mattia Preti, Luca Giordano, Giovanni Lanfranco, per chiudere in bellezza con l’ultimo tempo di Caravaggio. A Napoli “si fa” troppo Seicento: un’accusa da rivedere. In primis perché il verbo sarebbe ormai da coniugare al passato; in seconda battuta, perché il Seicento non è mai troppo, considerati le attribuzioni, nuove o rivedute e corrette, e i ritrovamenti ancora in corso, insieme alla necessità di riportare periodicamente in superficie i tesori sommersi nei depositi museali e nelle collezioni private. (altro…)
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L’umanità povera dei pastori e lo sfarzo dei Magi su affreschi, tele e sculture
8 dicembre 2014
Guardatelo. Guardate quel quadro. È buio, sporco. L’uomo al centro dorme pesantemente, quello seduto per terra mostra le piante dei piedi incrostate di sporcizia. Fagotti, una forma di pane rustico, pecore dal pelo non proprio candido. Facce semplici, panni ruvidi. È su questa umanità che planano i paffuti bambocci che annunciano la venuta al mondo di Nostro Signore. Un’umanità in transito, che sa di terra, di miseria e di verità. Eppure chissà che non sia questo l’autentico “presepe napoletano”. Dimenticate per un momento i variopinti cori angelici, le colonne antiche, le Madonnine dalle guance rosa, le pacchiane adorne di coralli, il corteo dei Magi scintillante di gemme. Perché davanti alla tela del Maestro dell’Annuncio ai Pastori si ha la sensazione di essere catapultati dritti al cuore del sacro. Silenzio e commozione galleggiano in questa sala di Capodimonte, donde inizia il nostro breve itinerario partenopeo che, senza aver la pretesa di essere esaustivo né addentrarsi in questioni attributive, si propone semplicemente di fornire qualche spunto iconografico relativo alla nascita di Gesù. (altro…)
Pignon è partito
18 marzo 2014
A cavallo degli anni Novanta, essere una matricola a Napoli significava pure andarsene a spasso tra una lezione e l’altra, regalandosi spensieratamente all’aria e al sole. In primavera, poi, chi ci pensava più ai corsi di latino e filosofia. Le aule di Corso Umberto e di Porta di Massa erano a due passi dalla città antica, dove tra un bacio e una bancarella potevi imbatterti all’improvviso in quegli enormi… cos’erano? Disegni? Manifesti? Qualsiasi cosa fossero, facevano impressione. Perché erano grandi. Ma soprattutto erano veri, erano vivi.
Avere vent’anni a Napoli, allora, significava uscire dall’Università e incontrare quei pittori di cui avevano appena parlato i professori. Artisti che sui manualoni di storia dell’arte venivano talvolta liquidati in un trafiletto, e invece scoprivamo grandi, immensi.
Nascevano così amori disperati. (altro…)