Napoli, Madre
Passaporto per l’inferno? Non esageriamo: per entrare nell’Ade basta il biglietto del treno. Parola del non-architetto Anish Kapoor che, tra strada ferrata e blue velvet, si gioca un terno sulla ruota di Napoli. Vincerà? Per le stazioni c’è tempo. Nel frattempo, ci fa scoprire com’è profondo il Madre.
Funzionerà?
Funziona. Ultimamente è questo il verbo che sboccia sulle labbra di quelli che se ne intendono. “Quell’opera (o, meglio, quel lavoro) funziona, ma è lo spazio che non funziona”. Come se l’arte fosse una lampadina, che s’accende per il clic del genio. E, allora, come funzionaAnish Kapoor (Bombay, 1954) al Madre? E soprattutto come funzioneranno le stazioni del metrò da lui progettate? Procediamo per gradi. La lunga marcia del museo di via Settembrini si snoda ormai tra inaugurazioni cadenzate: ogni volta un evento, ogni volta un piccolo bagno di folla, vero balsamo per chi investe nel contemporaneo a Napoli. Kapoor arriva nelle sale di Donnaregina con qualche mese di ritardo rispetto ai suoi “colleghi” (LeWitt, Horn, Serra, Fabro, Koons, Clemente, Paolini). E ci arriva srotolandosi da solo la passerella, o meglio il tappeto. Perché, pur avendo scavato in profondità il pavimento, il suo intervento proprio non riesce a perdere l’impressione di un vellutato rettangolo di moquette. Allora, funziona? Sì: l’inganno ottico disorienta e stimola lo spettatore. No: non per fare gli eterni scontenti, ma da lui era lecito aspettarsi qualcosa di più. Colpe e meriti, in ogni caso, ascrivibili anche all’allestimento, sul quale pesa la necessità di assicurare incolumità ai visitatori, e allo spazio, che non è certo quello in cui Anish il magno è abituato a giocare. Tant’è che, quando non è più costretto a lesinare sui centimetri, Kapoor torna ad essere Kapoor. E ciò avviene, naturalmente, delle stazioni di Monte Sant’Angelo e Rione Traiano, i cui disegni e modelli sono esposti nelle quattro sale al pianterreno: approdi di una bretella di collegamento tra Cumana e Circumflegrea, dislocati l’uno nei pressi della cittadella universitaria, l’altro in un popoloso rione. Dunque, punti roventi del traffico su rotaia, in tutti i sensi. Perché le migliaia e migliaia di utenti che emergeranno o si addentreranno nel sottosuolo accompagnati dall’avvolgente abbraccio metallico concepito dall’artista, rischiano, se non di finire arrostiti, di doversi guadagnare il treno col sudore della fronte. (altro…)