Franko B.

26 ottobre 2010

Milano, Pac

Il tempo delle effusioni cruente è finito. Un percorso “sintetico, non antologico” che potrebbe preannunciare una svolta. Ma per ora l’opera è ancora al nero…

“Spegnete i cellulari”: la preghiera accoglie i pochi fortunati che alle 19 in punto varcano l’ingresso del Pac. Eppure suonerie d’ogni tipo, mescolate al clic di macchine fotografiche e smartphone, continueranno a turbare il religioso silenzio della performance di Franko

B. (Milano, 1960; vive a Londra). Anzi, della doppia performance, visto il prologo fuori programma dell’assessore Massimiliano Finazzer Flory, che appare con volto e mani dipinti di nero a leggere un passaggio de Il corpo, luogo di utopia (e di insondabili “altrove”) di Michael Foucault.

Ieraticamente presente, invece, il corpo dell’artista, nudo e total black, seduto di spalle agli spettatori. Tutti col fiato sospeso. Finché il corpo dell’artista si alza e, lentamente, attraversa la sala accarezzando gli animali tassidermizzati, ricoperti con colate di acrilico dense come pece; raggiunge un orso impagliato e lo porta -quasi danzando – dall’altro capo della “manica lunga” del padiglione; ripete il percorso all’inverso trascinando uno scaffale, poi sparisce. Un attimo di disorientamento, l’accensione delle luci, l’applauso. Alquanto tiepido. Qualcuno, addirittura, scuote la testa. (altro…)

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