Quanto ci piace quando, sui pannelli delle mostre, indicano la colonna sonora, con direttore, cantanti, orchestra e tutto. E certo non si poteva farne a meno per il tributo di Brera ai fatidici 150: Hayez-Verdi-Manzoni, la trimurti risorgimentale al centro di un’esposizione piccola ma “sugosa”, per dirla alla don Lisander. (leggi il resto dell’articolo su Artribune)
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Noi credevamo?
18 aprile 2011
È stato eletto il film del Centocinquantenario. Poi sono arrivate le 13 nomination ai David di Donatello. Strano destino, per una pellicola inizialmente distribuita in una manciata di copie (e che invece resiste da mesi nelle sale). Strano ma vero, e purtroppo ovvio, in un Paese abituato ai riconoscimenti tardivi, disinvolto maestro di oblio quando si tratta di fare i conti con la propria storia. Già, la Storia. Annessione, conquista? Cosa fu l’Unità, dalla parte dei vinti? (leggi il resto dell’articolo su Artribune)
Nella foto in alto: Mario Martone e Luigi Lo Cascio sul set di “Noi credevamo”
Domenico Morelli e il suo tempo
12 gennaio 2006
Napoli, Castel Sant’Elmo
Realtà, eros e misticismo in uno dei primi “fratelli d’Italia” col pennello. Uno spaccato risorgimentale che travalica i confini nazionali per dirigersi Oltralpe e ad Oriente. Un bagno di luce, con un pizzico di retorica…
Prima di tutto, accantonate i pregiudizi. Ma se state facendo il biglietto, o ci state pensando seriamente, significa che qualche riserva mentale l’avete già lasciata all’ingresso di Castel Sant’Elmo, dove Domenico Morelli (Napoli, 1823 – 1901) avvalora la proverbiale tesi “repetita iuvant”. Non che il pittore necessitasse di sdoganamenti postumi e riscoperte tardive, ma ai curatori è parso doveroso mettere meglio a fuoco il suo tempo: un centinaio di opere, fra le sue e quelle dei contemporanei (come Hayez, Fattori, Fortuny, Celentano, Faruffini), organizzate in sette sezioni, per dare alla monografia il giusto taglio. Così come giusto sarebbe un taglio al luogo comune che vede nell’Ottocento napoletano, pur non esente da colpe, solo il provinciale e manierato attardarsi di uno stracco naturalismo romantico, impermeabile alle novità forestiere o sterile saccheggiatore delle stesse, tutto introflesso, anzi genuflesso, su una gloriosa tradizione meridionale ancor prima che tricolore. (altro…)