Se (giustamente) vi preme condividere con qualcuno l’esperienza di questa mostra, state attenti a non afflosciarvi davanti a reazioni come “Ma no, a me Veronese non…” “… Veronese? Mah”.
Tenete duro, perché potrebbe accadere. Capita che uno dei più grandi pittori del Cinquecento possa essere ancora liquidato con un giudizio appena sufficiente. Perché? Forse perché si porta appresso la nomea di limpido e festoso decoratore, lontano dal mito inarrivabile di Tiziano e dalla tetra bulimia di Tintoretto? Il marchio di cantore dell’apoteosi della Serenissima, stretto tra opulenza controriformata e morbida sensualità? Troppo superficiale, troppo plastico, troppo acceso?
L’esposizione della Gran Guardia, pur senza essere rivoluzionaria, sembra quasi un atto di coraggio. Un punto di partenza che, esauritisi i mesi di permanenza in loco – mesi ben scelti, viste la coincidenza con l’estate e la stagione della prospiciente Arena –, invita a curiosare, oltre che nelle rassegne in programma fino al prossimo anno, in quel “circuito Veronese” stabile, ramificato tra Venezia e la terraferma. Luoghi che videro rifulgere piuttosto precocemente l’astro di Paolo Spezapreda (Caliari era il cognome materno), se è vero che poco più che ventenne debuttava nelle sale del Consiglio dei Dieci. (altro…)