Questa è una foto del Padiglione Corea alla Biennale 2013. Non vi preoccupate, non vi è scesa la cataratta. Poi vi spiego.
Cominciamo con la cronaca.
Innanzitutto ci mettiamo in coda.
Mentre aspettiamo, un addetto ci sottopone una liberatoria terrificante, in cui si avvisano i signori visitatori sofferenti di claustrofobia, attacchi di panico, tachicardia, ansia, vertigini e doppie punte che l’entrata è a loro rischio e pericolo.
[Dalla fila inevitabilmente principiano a levarsi impudichi coming out psichiatrici. Arrivano i primi dati aggiornati sulla diffusione mondiale dello Xanax.]
In ogni caso non c’è da preoccuparsi: in primis perché, mal che vada, possiamo scegliere di non entrare in quella stanza (ve l’ho scritto: dopo vi spiego), poi perché – ci rassicura sadicamente l’addetto – “questa è la Corea del Sud, non del Nord”.
Firmiamo, impavidi.
È il nostro turno. Fuori al Padiglione due panchine, diverse paia di scarpe. Che è, una moschea? Lasciate ogni infradito, voi ch’entrate. Ma scalzi non si può: chi non li ha, deve indossare dei calzini (made in Corea? made in China?) forniti dall’organizzazione. [Io ne ho un paio, grigi, da tennis, abbinati alle ballerine profilate di verde fosforescente, scelta che due ore prima mi ha portato sull’orlo del divorzio].
Ci danno un numeretto, indi… (altro…)
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Rauschenberg al Madre
23 ottobre 2008
L’ultimo maestro del ‘900 a pochi mesi dalla scomparsa
Quando morì lo scorso maggio, a ottantadue anni, molti necrologi titolarono “Novecento addio” o cose simili. In effetti, con Robert Rauschenberg se ne andava l’ultimo Maestro del Secolo Breve, “anello di congiunzione” tra le istanze più significative che nel Dopoguerra si erano incrociate tra l’America e l’Europa, dov’era arrivato per la prima volta nel 1952 insieme a Cy Twombly (poco dopo aver dato vita, insieme a John Cage, a Theatre Piece #1, oggi considerato il primo happening della storia). (altro…)